«Le donne più forti al cinema? Macché, meglio gli uomini»

TaorminaIl fuoco dell’Etna non scioglie la gran dama bianca del cinema internazionale, Catherine Deneuve, ieri a Taormina per ritirare il premio alla carriera e per presentare il film di André Techiné La fille du R.E.R (La ragazza della ferrovia), dove «Belle de jour» fa la madre della mitomane, che nel 2004 inventò di sana pianta una violenza a sfondo antisemita, avvenuta, secondo il suo racconto, a bordo di un vagone ferroviario. Sugli schermi francesi (con risultati modesti) questa primavera, il docudrama ispirato a quella vicenda fa ancora vibrare la camicetta d’organza pitonata di Catherine. «I media, all’epoca, hanno risposto in modo troppo violento, senza condurre alcuna inchiesta su quella ragazza difficile e opaca», la butta sul sociologico la diva classe 1943, che debuttò nel 1956, appena adolescente. «La giovane aveva inventato l’attacco antisemita, però la troppo rapida esposizione dei media fa riflettere: non si fece in tempo a condurre un’inchiesta e perciò Techiné ha voluto mostrare la superficialità dell’informazione, oggi», spiega l’algida celebrità, inforcando gli occhiali da sole, sotto ai crudeli riflettori che i suoi occhi non sostengono.
Dopo un’ottantina di film, girati con i più prestigiosi registi, che ne amarono il tratto ora ambiguo ora sensuale (da Bunuel a Truffaut, da Monicelli a Lelouch, per citarne alcuni), la Deneuve, anche ambasciatrice dell’Unesco, ancora si presenta sul set con lo stesso entusiasmo d’una debuttante. «Se non c’è l’entusiasmo, non si può fare l’attrice. Interpretare un film richiede un grande desiderio. Io sono cresciuta, grazie al cinema, e ho vissuto la mia vita, mescolandola ad esso». Della figlia Chiara, avuta nel 1972 da Marcello Mastroianni, dopo una lunga relazione, durante la quale, comunque, il bell’Antonio tornava a casa, dalla moglie Flora, l’interprete due volte vincitrice del César, dice: «Non la consiglio, perché ha scelto da sola di fare l’attrice. Avere una madre che recita è molto ingombrante e per questo evito d’intromettermi nelle scelte artistiche di Chiara, bisognosa di spazio».
Madre di due figli (oltre a Chiara Mastroianni, c’è Christian Vadim, nato dalla relazione con il regista Roger), Catherine ha le idee chiare, sul mestiere di genitore. «L’importante è stabilire un rapporto di fiducia con i propri figli. Quando si riesce a ottenere la stima dei figli, il legame si fa intimo. Posso dire d’avere un legame intimo e profondo, con mia figlia». Va da sé che, quanto alla propria bellezza, la Deneuve vorrebbe dare a intendere di non tenerci quasi per nulla... «Se mi considero un simbolo di bellezza? Ma no, io sono un simbolo francese, più che altro. Chiaro che, quando ho cominciato la carriera, contava il mio fisico di sedicenne. E mi è piaciuto molto essere eletta Marianna della Repubblica: non ero sposata, avevo un figlio fuori dal matrimonio e questo significava, dunque, che la donna francese del dopoguerra era molto cambiata». E se, nel corso delle giornate taorminesi, ha tenuto banco l’idea delle «donne forti al cinema», la star evidenzia un certo fastidio, a riguardo. «Il concetto di “donna forte” mi fa paura. Non vedo perché non si debba dire “uomo forte”, per esempio. Significa, forse, che la donna ha più carattere? Ma per forza la donna dev’essere più forte: deve educare i figli», conclude.
Ad agosto la Deneuve terrà una lettura congiunta (con Michele Placido) alla Versiliana, mentre a ottobre sarà sul grande schermo francese con La cuisine di Julie Lopes-Currel. «Ho sempre adorato lavorare con i registi giovani», sottolinea «Belle Maman», che dichiara di non coltivare rapporti con i critici. Almeno qui, sembra umana e rispondente a quanto sosteneva Truffaut: non teme d’essere guardata, ma d’essere scoperta nella sua vera identità. E guai a chiederle se, nel tempo, sia riuscita a liberarsi dalla sua immagine da «Bella di giorno».

«Negli ultimi tre anni, in particolare, sono stata diretta da registi sconosciuti, che ignorano la mia filmografia. Del resto, quando feci Il coltello nell’acqua con Roman Polanski, lui era solamente al suo secondo film. Praticamente, un debuttante».

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