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«Doping libero per i pro linea dura con gli amatori»

Il pm Spinosa, che ha processato il medico di Armstrong, distingue tra spettacolo e sport

Pier Augusto Stagi

«Bisogna fare un salto culturale e considerare gli sportivi professionisti non atleti, ma uomini di spettacolo. Il vero scandalo è chi finge di scandalizzarsi, chi pensa che il doping sia un fenomeno circoscritto a poche persone o a pochi sport malati». L'ex pm di Bologna, Giovanni Spinosa, oggi giudice del Tribunale di Paola, il primo a scoperchiare nel nostro Paese il pentolone del doping, non ha dubbi e invia al mondo sportivo, politico e sociale un messaggio forte e chiaro. Spinosa qualche anno fa fece parlare di sé per un’inchiesta sul doping (giardini Margherita), che culminò nell'ottobre 2004 con la condanna in primo grado per frode sportiva ed esercizio abusivo della professione di farmacista del dottor Michele Ferrari, amico e preparatore di Lance Armstrong. Oggi Spinosa con il doping ha poco a che fare, ma prosegue a pedalare in sella alla sua bicicletta e a sperare che qualcosa cambi.
Dottor Spinosa, che cosa pensa di Lance Armstrong?
«Anni di indagini che per primi in Europa abbiamo svolto sul doping impongono di non scandalizzarsi per i dati pubblicati dall'Équipe. Il vero rischio è continuare a far finta che i grandi spettacoli agonistici siano sport, così confondendo in un'unica normativa - e in un'unica cultura - la pratica del grande campione con l'attività di milioni di amatori. Se poi nello specifico mi chiedete se mi piace Lance Armstrong, non ho problema a dirvi che il texano non è mai stato il mio campione ideale: uno che corre solo il Tour non è un campione, è uno che si prepara in modo scientifico e con tecniche da uomo di spettacolo».
Lei è per il doping libero?
«L’antidoping fra i professionisti è una battaglia ormai persa, tante e tali sono le tecniche di sofisticazione per mascherare le sostanze dopanti. Ma è giunto il momento di fare queste riflessioni ad alta voce. Bisogna uscire dall'ipocrisia: ogni battaglia per essere vinta deve essere credibile».
Quindi...
«È arrivato il momento di prendere in considerazione la distinzione fra professionismo e il resto dello sport».
Che cosa pensa del doping?
«Il fenomeno è mondiale, non riguarda poche migliaia di agonisti, ma investe strutture contigue a quelle criminali. Mafia e camorra comprese. Un mercato con fatturato miliardario trae la propria manovalanza dalla malavita organizzata e si dirama in una rete di connivenze che vanno dal farmacista complice, al portantino d’ospedale che trafuga prodotti vietati, al gestore di palestra».
La gente della strada, spesso si chiede: perché la magistratura se l'è presa in modo particolare con il ciclismo e i ciclisti?
«Il calcio vive in un sistema chiuso, per certi versi più omertoso. Il Giro o il Tour sono un baraccone di nomadi in continuo movimento, che devono trovare sempre qualcuno disposto a portare le sostanze proibite e in certi casi anche a venirle a riprendere per provvedere al loro smaltimento. Il ciclismo è sport più esposto».
Contro il ciclismo ci sono accanimento e spettacolarizzazione?
«Sì, secondo me non bisognerebbe fare i nomi dei campioni perché la pubblicità è quello che vuole il sistema malavitoso. I campioni trovati positivi finiscono per diventare testimonial involontari della criminalità organizzata che gestisce il doping».
E al presidente del Cio, Jacques Rogge, che cosa raccontiamo?
«I dirigenti del Cio, quelli del Coni e di tutte le Federazioni sportive, devono capire che gli atleti professionisti conducono vite anormali. Bisogna riparametrare le normative: il vero sport lo facciamo noi gente normale. Bastonate i cicloamatori della domenica, fate i controlli a tappeto nelle Gran Fondo, ma gli atleti professionisti trattateli per quello che sono: produttori di spettacolo».
Che cosa pensa del calcio che ha introdotto l'esame incrociato sangue-urine solo quest'anno?
«Meglio tardi che mai».
Che cosa pensa della Wada che non è andata nel mondo del calcio a fare esami a sorpresa?
«Meglio tardi che mai».


Che cosa pensa di Gattuso che non si è sottoposto ai controlli perché non c'erano le condizioni igieniche sanitarie adeguate?
«Posso avvalermi della facoltà di non rispondere?».
Che cosa pensa del professor Francesco Conconi?
«Per me è uno scienziato, un grande ricercatore».

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