Cristiano Gatti
nostro inviato a Gemona
Fiato sospeso. Il Giro d'Italia non smentisce la sua storia di grande ricettacolo umano, in cui passano direttamente o ricadono indirettamente i fatti belli e i fattacci brutti del mondo intero.
Tutti col fiato sospeso per le due enormi tappe di montagna che vanno a chiudere lo spettacolo 2006, oggi con Marmolada, Pordoi e San Pellegrino, domani addirittura con Tonale, Gavia e Mortirolo. Ma purtroppo non c'è solo questo. Domandina molto facile: poteva mancare, in questo grande show, lo speciale angolo dedicato allo scabroso e al giudiziario, secondo una tradizione inaugurata ormai un decennio fa?
La risposta è esatta. Non poteva mancare neppure stavolta. Per fortuna, in questo caso il Giro è toccato soltanto di striscio. Ma è toccato. Dalla Spagna continuano a piovere sulla carovana le notizie (poche) e le indiscrezioni (una cifra) sul più grande scandalo doping che abbia mai colpito il Paese di Zapatero (a proposito: benvenuto in Europa, il suo è l'ultimo governo ad affrontare con una legge severa il flagello chimico). Al centro dell'inchiesta il dottor Fuentes, arrestato assieme al team manager dello squadrone iberico Liberty Seguros (assicurazioni), il notissimo Manolo Saiz. I due sono caduti come tonni nella rete delle intercettazioni ambientali: la polizia ha tutto un corredo di foto e filmati che li ritraggono mentre si scambiano sacche di sangue. Il doping praticato è l'emotrasfusione: l'atleta porta il suo sangue impoverito dalla fatica, il medico lo ripulisce e lo arricchisce di ossigeno, quindi lo restituisce al titolare come nuovo. Nella speciale lavanderia ematica sono comparse duecento sacche, tutte numerate in codice. I codici, però, sono già ricostruiti: corrispondono, secondo quanto trapela dalla Spagna, a cinquanta atleti iberici (soprattutto ciclisti, ma anche pugili, atleti dell'atletica e persino qualche calciatore).
Che c'entra il Giro, in tutto questo? Punto uno: la squadra nell'occhio del ciclone sta correndo in Italia. Punto due: il dottor Fuentes «assisteva» anche altri ciclisti non spagnoli, e il sospetto è che alcuni siano presenti al Giro, persino nelle prime dieci posizioni della classifica, ma soprattutto persino con un nome altisonante: Jan Ullrich. Punto tre: gli inquirenti stanno facendo luce sui rapporti tenuti dallo stesso dottor Fuentes col suo collega italiano Luigi Cecchini, noto come preparatore di molti atleti, Ullrich tra questi (dovere di cronaca: in tanti anni di attività, mai registrati incidenti di percorso).
La questione è subito chiara: può il Giro avviarsi verso il suo epico finale tirandosi dietro un simile peso di imbarazzi? Questa stessa domanda la giro ad Angelo Zomegnan, il nuovo patron. La risposta è testuale: «Sono in continuo contatto con le autorità spagnole e con l'Uci, la federazione internazionale. Posso dire solo questo: non appena avrò elementi certi di colpevolezza, sia di squadra, sia di un singolo corridore, non esiterò a buttarli fuori dal Giro».
È l'unica consolazione maturata dal ciclismo in tanti anni di scandali: il doping non è morto - mai morirà in nessuno sport -, ma adesso chi sbaglia sa di rischiare grosso. Tutto. Lo stesso sponsor di Saiz, il team-maneggione che maneggiava sacche di sangue, ha già annunciato il suo ritiro. Quanto al Giro, vige da tempo la tolleranza zero. Non solo. Aggiunge Zomegnan: «Ho avvertito le squadre. Il Giro si costituirà parte civile nei processi per doping che lo toccano: chi ci infanga deve risarcirci i danni».
Sulle montagne del mito col fiato sospeso.
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