Doppi stipendi e concorsi farsa: grande ammucchiata a Venezia

Ennio Flaiano, con il suo inimitabile spirito caustico, criticando il costume imperante nei premi letterari, aveva suggerito di evitare tutta la manfrina della nomina dei giurati e di decidere fin dall’inizio chi dovesse essere il vincitore del concorso. «Prima si trovi la persona a cui si vuole dare il premio, poi gli si faccia il premio su misura».
L’assessore alla casa del Comune di Venezia, Bruno Filippini, appartiene al partito di Di Pietro, l’Italia dei valori, e deve essere rimasto folgorato da quell’intuizione di Flaiano. Impegnato nella moralizzazione del Paese insieme a tutto il suo partito, l’assessore ha pensato bene di prendere alla lettera il suggerimento per nominare il dirigente del Settore Casa alle sue dipendenze.
C’è da premettere che l’amministrazione comunale di Venezia sta sperimentando in piccolo l’ammucchiata politica che si vorrebbe realizzare in grande a Roma. Tutti dentro nella giunta del Comune, dall’Udc all’estrema sinistra. Non c’è nessun rappresentante del Fli, altrimenti sarebbe stato imbarcato anche lui, ma c’è, appunto, l’Udc alla faccia del leader Casini e della sua opposizione al governo. A sentir Casini, mai l’Unione di centro potrebbe prevedere accordi con l’Italia dei valori, con l’estrema sinistra e con il Pd che guarda con amore Vendola. L’Udc veneziana invece governa la città con l’Italia dei valori, con l’estrema sinistra e con quelli innamorati di Vendola. Non solo, ma il capo pattuglia dell’Udc di Venezia, Ugo Bergamo, fa praticamente il sindaco, grazie alla sua esperienza di ex sindaco, grazie all’importanza delle sue deleghe, grazie al fatto che il vero sindaco, Giorgio Orsoni, è persona pacata a cui piace vivere tranquillo senza rotture di scatole. A questa indole, Orsoni aggiunge la sua conoscenza del mondo maturata come illustre avvocato, che ha capito una malinconica verità: i matrimoni che durano nel tempo sono quelli basati sull’interesse economico. E con questa certezza, il sindaco tiene insieme la sua ammucchiata di governo della città. Per esempio, Marco Agostini è sia direttore generale del Comune, sia consigliere d’amministrazione del Casinò municipale: in parole povere si mette in tasca due stipendi. Il consigliere del Pdl, Renato Boraso, si è pubblicamente domandato «con che coraggio Agostini chiede ai cittadini di risparmiare se lui non rinuncia al compenso di consigliere che somma al lauto stipendio di direttore». Naturalmente Agostini non si è preoccupato delle angosce di Boraso: anzi, nonostante il Casinò pianga lacrime e sangue sulla diminuzione degli incassi, l’Agostini - senza versare lacrime e sangue - si è preso il 20% in più rispetto a quello che prendevano l’anno passato i consiglieri d’amministrazione.
In questo clima degno dell’armiamoci e partite, ossia: risparmiate voi veneziani, che noi amministratori ci mettiamo i soldi in tasca, spicca la nomina dell’ambasciatore. Proprio così: il Comune di Venezia ha bisogno di un ambasciatore. Anche se ai quattro venti si strilla la necessità di tagliare le consulenza, il sindaco ha deciso che non può fare a meno di un diplomatico al suo servizio. Arriva a Venezia l’ambasciatore Antonio Armellini (s’intende: il suo palmarès è di tutto rispetto) con il contratto di «consulente diplomatico» per un importo che si aggira sui 25mila euro l’anno. Un uomo di esperienza diplomatica a fianco del sindaco Orsoni e della sua giunta in grado di far evitare brutte figure quando arrivano in città personalità di alto lignaggio. C’è da chiedersi quante gaffe indecenti abbia fatto il precedente sindaco Cacciari, tali da convincere Orsoni a servirsi dell’ambasciatore. Il consigliere Pdl, Saverio Centenaro, si è incuriosito e ha chiesto al sindaco «quali saranno le mansioni di Armellini, come sarà organizzato l’ufficio, quanto ci costerà». Nessuno si è dato la pena di soddisfare le curiosità di Centenaro.
In questo quadro esemplare politico e amministrativo del Comune di Venezia, abbiamo lasciato in disparte l’assessore dell’Italia dei Valori, Bruno Filippini, mentre meditava sul pensiero di Ennio Flaiano. Superata qualche incertezza interpretativa, cosa ha fatto il Filippini, uomo di integerrimi valori? Ha fatto emanare un «Avviso Pubblico di selezione mediante comparazione di curricula e colloquio per l’assunzione» di un dirigente da assegnare al Settore Casa del Comune, in cui vengono indicati i requisiti per la selezione che sembrano fatti proprio su misura affinché possa vincere il candidato che lui pretende. Un bando così scandaloso che in una interrogazione il gruppo Pdl si è chiesto perché nell’«Avviso Pubblico non siano stati introdotti altri requisiti quali: l’altezza dei candidati, il colore degli occhi e dei capelli, il peso corporeo...

» E adesso ci s’interroga angosciosi: chissà chi vincerà? Ve lo anticipo io: Federico Della Puppa, alla faccia della trasparenza, della correttezza, della moralità e dei Valori d’Italia. Tutto, ovviamente, nel nome di una bella ammucchiata politica, secondo lo spirito di un solido matrimonio, indissolubilmente unita dagli interessi, ma non di quelli dei cittadini veneziani.

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