Il Cofferati che si erge a paladino della legalità raccoglie molti consensi. Non solo quelli prevedibili duna parte almeno della sinistra, ma quelli di Berlusconi e del presidente di Confindustria Montezemolo. Per il poco che contiamo siamo anche noi a fianco di Cofferati in questo braccio di ferro con lestremismo demagogico e scriteriato di pseudo rivoluzionari verbosi. Sera sperato invano che il culto della protesta, aggressiva e violenta, contro misure di semplice decoro civico e di difesa delle istituzioni fosse finito dopo una lunga e infausta stagione inflitta al Paese. Invece il fascino del caos dura tuttora, i girotondini ladorano, Bertinotti alterna forbite dichiarazioni in tv ad annunci di radicali rivolgimenti sociali. La questione degli immigrati clandestini, lavavetri o no, ha offerto ai populisti vocianti un nuovo argomento per i loro proclami, e innescato la polemica contro Cofferati: che alla presenza e a certi comportamenti degli immigrati - quando sono allo sbando, clandestini, e intruppati o intruppabili nella delinquenza - non vuole assistere, da sindaco, senza fare nulla. Credo che tutte le persone di buon senso gli diano ragione. Non avremmo nulla da aggiungere a questa noticina di consenso se Cofferati fosse, come è di moda dire nel vigente gergo italinglese, una new entry nella vita pubblica. Non è così. È stato un importante dirigente sindacale comunista e postcomunista, è uomo di partito. Ha tenuto innumerevoli comizi, esponendovi le sue idee. Che aderivano allideologia di appartenenza, e non ho da ridire. Ma che si occupavano anche di problemi pratici, come appunto quelli della legge, dellordine, dellimmigrazione. E qui va detto che il Cofferati oratore di partito era di parere opposto a quello del Cofferati sindaco. Attaccava le proposte del centrodestra - accoglienza sì, anche generosa e affettuosa, ma a chi è nella legalità, non a chi vive ai suoi margini, o nella malvivenza - come reazionarie e bieche. Si scagliava contro i centri di accoglienza, contro legoismo di quanti, di fronte al degrado di quartieri resi invivibili, invocavano un più forte e più risoluto intervento dellautorità. È chiaro che preferiamo il Cofferati in seconda versione. Solidarizziamo con lui quando il professor Alberto Asor Rosa gli spiega che «la legalità applicata con i metodi e lo spirito di un questurino diventa sinonimo di ingiustizia». Insulsaggini. Ma il ricordo della prima versione induce a dubitare almeno un po della genuinità di nuove prese di posizione. E fa riflettere sul carattere strumentale di molte, troppe accuse politiche.
Alla contraddizione di Cofferati come singolo credo sia necessario aggiungerne unaltra che si riferisce al suo partito, i Ds, e ai suoi compagni di partito e colleghi di municipio. Prendiamo il caso del più importante, Walter Veltroni sindaco di Roma. Cofferati si pronuncia senza mezzi termini per la legge, e Veltroni flirta con i no global. Aveva perfino concesso una delega dassessore a un gentiluomo come Nunzio DErme - eletto come «indipendente» nelle liste di Rifondazione comunista - che aveva avuto la bella idea di scaricare letame davanti al palazzo romano in cui risiede Berlusconi. Erme è stato «dimesso», ma una sua struttura capillare che sincarica dokkupare - senza alcun diritto, ovviamente - abitazioni vuote, e dassegnarle agli amichetti della parrocchietta rossa, esiste e resiste. Alla faccia dei codici. E alla faccia del legalitario Cofferati.
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