«Dotto’, ho l’ansia: mi dia 15 giorni»

Santa Maria, la Carità, Sant’Antonio abate. Sono quartieri di Castellammare, Napoli. Quelli che scandaglia come un segugio il medico fiscale per eccellenza. Si chiama Franco Cerchia, ventuno anni di professione alle spalle, poco più di tremila euro di stipendio. Cerchia ne ha viste di tutti i colori nelle case dei suoi concittadini. Innanzitutto le categorie. Chi si ammala di più? «A Castellammare sono gli insegnanti, soffrono molto di mal di schiena - spiega ironico -. Seguono i comunali, netturbini in testa».
Il mal di schiena è difficile da verificare. Il medico ti tocca e tu dici «che male», e così finisce la visita con tanto di certificazione in cui si mercanteggiano i giorni di assenza per malattia. «Mi chiedono delle prognosi di 15 giorni per un mal di schiena. Io chiedo una documentazione, il referto di una radiografia, di una tac. In genere mi rispondono che non hanno niente, solo la loro parola e quel “che male” insistente. Ma io non mi faccio intenerire. Senza documentazione dimezzo i giorni, mi attengo alle direttive che prevedono per una lombosciatalgia sette giorni di riposo».
Accanto al gettonatissimo mal di schiena, seguono gli stati d’ansia (e chi li può verificare in concreto?) e le famose cervicali di cui sono vittime soprattutto le donne (gli uomini preferiscono il mal di schiena).
Ci sono anche i furbi poco furbi. «Come quella volta che ho visto un furgoncino di un dipendente comunale che si dirigeva nel terreno di proprietà. A casa ho trovato la figlia con il cellulare che lo stava avvertendo del mio arrivo». Ma a Cerchia è capitato di peggio. Ha rischiato di essere aggredito. Dai cani da difesa personale. «Più di una volta liberavano pitbull o lupi non molto docili in giardino appena sentivano il campanello. Dal citofono mi dicevano: “Entri, entri, dotto’ sono degli agnellini”. Ma io non mi fido più, perché una volta sono stato inseguito da un pitbull e per un soffio sono riuscito a non farmi azzannare».
Ci sono quelli che ti allontanano con i cani, e quelli che ti «agevolano» chiedendoti un incontro fuori casa. «“La prossima volta voglio evitarle di fare tre piani a piedi, dotto’, mi faccio trovare a casa di mia suocera che ha l’ascensore” mi aveva suggerito un dipendente comunale. E per lo meno è stato corretto. Non sempre ti offrono un’alternativa alla residenza. A volte, all’indirizzo dichiarato al datore di lavoro non esiste neppure la casa, solo un cancello».
Ma in fatto di creatività, vince una signora, dipendente delle Poste. Aveva accolto il medico fiscale con un bel gesso all’avambraccio per farsi confermare una diagnosi di 30 giorni causa frattura. Peccato che l’ingessatura fosse avvolta stranamente dalla garza che nascondeva una giunzione. La signora aveva «costruito» il gesso per nascondere una semplice contusione ed è stata spedita a lavorare. Ma ora le cose sono cambiate, ammette Cerchia. «Ora che viene toccato il portafoglio è un’altra vita. Si accontentano di tre giorni per un mal di pancia o per una sindrome parainfluenzale. Così le malattie si sono ridotte di un 25 per cento negli ultimi tre mesi». E i medici tirano un sospiro di sollievo anche se la mole di lavoro è sempre molto alta. E faticosa quando si viaggia a piedi.
Già, perché a Napoli le Asl non forniscono l’auto di servizio e per i medici dipendenti non è prevista neppure l’indennità di trasporto (3,70 euro a visita più un quinto di un litro di benzina). «Dobbiamo usare la nostra auto ma è una spesa folle. Così abbiamo deciso di girare a piedi». E i problemi sono subito sorti con il tribunale perché non erano state evase le visite per i dipendenti ammalati o per i controlli dovuti quando un detenuto chiede un permesso per andare a trovare la mamma ammalata. Ma le gambe sono quelle che sono. «Almeno il 35 per cento delle richieste rimane inevaso.

E se ci chiedono il motivo, noi rispondiamo che è per carenza di mezzi aziendali. Brunetta ha allargato le fasce orarie di visita ma non si è preoccupato di come questo lavoro dev’essere svolto. Insomma, dateci almeno un’una tantum...».

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