Dottor Pirandello si sbaglia: l'autore sono io...

Pubblichiamo una curiosa e umoristica autobiografia scritta nel 1960 come risposta a un giornalista Rai che chiedeva a Campanile un’intervista sulla sua vita e il suo lavoro

Dottor Pirandello si sbaglia: l'autore sono io...

Pubblichiamo uno stralcio del testo, fino a oggi inedito, di Achille Campanile Autoritratto (Aragno, pagg. 58, euro 8). Questa curiosa e umoristica autobiografia fu scritta nel 1960 come risposta a un giornalista Rai che chiedeva a Campanile un’intervista sulla sua vita e il suo lavoro. Dello stesso Campanile, pochi giorni fa, l’editore La vita Felice ha ripubblicato l’irresistibile Battista al giro d’Italia (pp. 254, euro 12.50).

La mia famosa commedia in tre atti. L'amore fa fare questo e altro fu rappresentata circa trent’anni fa. I tempi erano forse immaturi. Il teatro era allora pieno di commedie serissime e spesso barbose. Figurarsi una commedia come la mia, in cui si vedeva un padre che, per far studiare il figlioletto ribelle, faceva vestire un professore da bambino, che giocasse con lui. Vengono a rapire il figlioletto e per isbaglio rapiscono il Professore vestito da bambino e da questo momento la commedia è tutto un caleidoscopio di avventure del professore vestito da bambino, che vince perfino un Concorso di bellezza infantile, per camorra, è poi costretto a vestirsi da bandito, viene arrestato e condannato al taglio della testa, commutato poi nel taglio dei capelli, ecc. ecc. \[...\]

S’apre il sipario e, nel silenzio succeduto ai clamori della pubblica impazienza, s’odono le prime battute. Ma che avviene? Non siamo ancora alla quarta battuta, che scoppia un uragano di applausi, seguito subito da una tempesta di fischi e urla. Il pubblico che contrasta. Ci sono due partiti, l’uno di tifosi entusiasti che applaudono freneticamente e l’altro di oppositori che per reazione ruggono indignati. Da questo momento non si sente che clamor di battaglia, che cresce al secondo atto. A un certo punto anche gli oppositori cominciano ad applaudire freneticamente. Salutare resipiscenza? No. Hanno visto in un palco Pirandello e Nicodemi: i due famosi commediografi, e li applaudono per fare una dimostrazione contro di me.

Si grida: «Viva Pirandello! Viva Nicodemi!». I due vegliardi s’affacciano dal palco e s’inchinano ripetutamente. È uno dei maggiori successi della loro carriera. Io mi faccio alla ribalta e dico al pubblico: «Scusate, ma c’è un equivoco: l’autore sono io». Il teatro veniva giù. Durante il terzo atto, gli attori, invece di dire le battute della commedia, conversavano degli affari propri; tanto, nei clamori non si sentiva nemmeno una parola. Finito l’atto, cala il sipario, ma la folla non si muove dal teatro e continua a battagliare. Vogliono l’autore. Che mi vorranno fare, in nome del cielo? L’impresario più morto che vivo, mi spinge fuori dal sipario dicendomi: «Faccia una conferenza». \[...\]

Scene selvagge avvennero in tutte le altre città dove fu rappresentata la commedia. Il terzo atto non fu mai sentito, avrei potuto risparmiarmi la fatica di scriverlo. A Torino una parte del pubblico cantava inni goliardici per non far sentire la commedia, un’altra parte del pubblico cantava altri inni goliardici per non far sentire i canti avversari.

I carabinieri di servizio litigavano fra loro, perché alcuni erano pro e altri contro. \[...\] L’indomani spettatori venivano a trovarmi in albergo, a mostrarmi lividi, occhiali rotti e ferite per dimostrarmi la loro solidarietà, dimostrata in pugilati a teatro. Achille Campanile

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