da Milano
Non c'è dubbio, un rendimento netto del 2 per cento (tolto il 12,5 per cento di tasse e uno 0,20 per cento medio di commissione bancaria) è ben poco, non ci si recupera nemmeno l'inflazione. Ma di questi tempi, quantomeno, sottoscrivendo Bot si possono dormire sonni tranquilli.
Per questo all'ultima asta, ieri, i Buoni ordinari del Tesoro sono andati a ruba e i rendimenti, complice anche il recente taglio dei tassi ufficiali da parte della Banca centrale europea, sono scesi ai minimi da oltre due anni. I Bot sono l'investimento prudente per definizione. Sono emissioni dello Stato, senza cedola (il rendimento è dato dalla differenza tra il prezzo di sottoscrizione e quello di rimborso) e a breve scadenza, da tre mesi a un anno. Unico inconveniente, se si vuole mantenere l'investimento per un lungo periodo è che bisogna ricordarsi di rinnovarli (ma la banca lo farà automaticamente dietro richiesta del cliente). Tra gli investimenti a reddito fisso e a breve temine negli ultimi anni le banche hanno spinto molto anche i cosiddetti «pronti contro termine», che offrono rendimenti superiori. Si tratta di un contratto basato su un «prestito» di titoli di Stato tra la banca e il cliente, che può offrire anche un punto e mezzo percentuale in più rispetto ai Bot. Ma non va dimenticato che in questo caso la controparte del risparmiatore è la banca e non lo Stato, dunque il livello teorico di rischio è superiore. L'altra alternativa sono i conti di deposito ad alto rendimento, pubblicizzati soprattutto dalle banche on line.
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