Doveva dirlo prima

(...) fosse andato a trattare con Lotito e De Laurentis per valutare un eventuale trasferimento alla corte degli ambiziosi presidenti di Lazio e Napoli. Obiezione: Mazzarri aveva avvisato l'amministratore delegato che, a certe condizioni di mercato, ovvero non potendo dare continuità al progetto, specie in presenza di un impegno trifronte, avrebbe preferito rescindere il contratto. Non se ne fece nulla, un po' per la retromarcia di Lotito e De Laurentis, che riconfermarono a sorpresa Delio Rossi ed Edy Reja, un po' perché la stessa Sampdoria non ebbe il tempo materiale di pensare a un'alternativa convincente.
Così si è ripartiti da zero, o quasi… Ma con un dolce peso sulle spalle: quello di doversi riaffermare nelle aspettative dell'opinione pubblica, se non agli stessi livelli, almeno poco sotto, stante la conferma di Cassano, il cui merito va ascritto all'abilità di Marotta e alla disponibilità di Garrone a compiere uno strappo alla regola del salary cup. Il fatto è che, compiuta questa brillante operazione, la Sampdoria ha smesso di operare sul mercato, si è fermata lì, poiché credo che nessuno intellettualmente onesto possa considerare Stankevicius, Padalino, Fornaroli e forse lo stesso Dessena autentici rinforzi, a fronte della partenza di Maggio e della prolungata indisponibilità di Bellucci, a cui si sono aggiunti gli infortuni di Campagnaro e Palombo (prevedibili quando le partite si susseguono con i soliti noti in campo). Se non esiste squadra impegnata su tre fronti con una «rosa» di ventiquattro elementi quasi tutti dello stesso livello, un motivo ci sarà. O gli altri sono tutti allocchi?
A Mazzarri, invece, è stata data una buona macchina di serie per disputare un difficilissimo e lungo gran premio. Intendiamoci: il tutto nella piena legittimità del presidente Garrone, che può e deve spendere o non spendere quello che vuole e rimane, in assenza di alternative serie e credibili, il miglior presidente possibile, capace, sia pure con una politica di rigoroso oltranzismo economico, di far frequentare alla Sampdoria l'Europa con una certa regolarità, ancorché con risultati modestamente in linea con i risicati investimenti tecnici. Certo, d'istinto viene da pensare a cosa sarebbe questa Samp, così com'è, con Maggio e Quagliarella in più. Ma lasciamo stare, perché qui si parla d'altro.
Già, perché se da un lato è legittimo attenersi al proprio budget, dall'altro bisognerebbe parallelamente evitare di dichiarare, come ha fatto di recente il presidente blucerchiato: «Appena finirà la sfortuna, torneremo in quelle zone nobili della classifica ora frequentate da formazioni minori…». Ecco, visto che Mazzarri non è stato dotato di mezzi tecnici sufficienti per competere a eccelsi livelli su tre fronti, lo si sarebbe almeno potuto dotare di un ampio ombrello societario, dicendo: «Quest'anno, alla luce dell'austerity interna e dell'accresciuta concorrenza esterna, ci accontentiamo del decimo, dodicesimo posto in campionato, di approdare al gironcino Uefa e ai quarti di Coppa Italia». E così si sarebbero anche tutelati un po' i calciatori, che a mio avviso non hanno molte responsabilità dell'attuale non esaltante situazione: stanno facendo quel che possono. Io credo che a Mazzarri sarebbe bastata questa piccola, grande protezione dall'alto per evitare di «sbroccare».

Perché si può anche ammettere che forse tempi e modi della sua uscita pubblica non siano stati impeccabili, ma chi si sente di contraddirlo nella sostanza? Se la chiarezza e la collegialità di intenti mancano prima, non si può nemmeno pretenderla dopo. Ora, però, come rispondono quegli scienziati degli system manager dei computer quando vengono interpellati da noi comuni mortali: «spegni e riavvia». Bisogna rimettere in moto la Sampdoria, intanto.

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