Draghi: «Le nostre banche non rischiano il contagio ungherese»

Le banche italiane non corrono rischi sistemici per la crisi in Ungheria, anche se la loro esposizione è di circa 21 miliardi di euro, la terza dopo quelle di Austria e Germania. Lo dice Mario Draghi da Busan, in Corea del Sud, al termine di un summit finanziario del G20. «Le nostre banche - rileva il governatore della Banca d’Italia - sono adeguatamente capitalizzate, hanno un modello tradizionale di business e di gestione del rischio» che le mette al riparo. Tra i fattori di forza del nostro sistema anche la supervisione.
Probabilmente, l’allarme del governo magiaro sui conti è squillato con eccessiva forza, forse per attribuire il buco di bilancio agli esecutivi precedenti. Adesso, Budapest chiarisce che le dichiarazioni del portavoce del primo ministro Orban sono state «esagerate e sfortunate», e conferma l’impegno a mantenere il disavanzo 2010 entro il 3,8% del pil. «Sono rimasto sorpreso da quelle dichiarazioni», commenta dalla Corea il direttore generale del Fmi, Dominique Strauss-Kahn. Il Fondo ha prestato all’Ungheria oltre 15 miliardi di dollari due anni fa, e tiene sotto stretto monitoraggio i conti magiari: «Sono convinto che i numeri siano giusti - dice il direttore generale - e comunque nei prossimi giorni arriverà a Budapest una missione del Fmi, per verificare».
Venerdì, i commenti magiari hanno innescato un’ondata negativa sulle Borse e indebolito l’euro (anche se l’Ungheria è fuori dalla moneta unica), sotto quota 1,20 dollari. Gli allarmi su euro ed Ungheria vengono definiti «esagerazioni» da Olli Rehn, commissario europeo agli Affari economici. Mentre il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, ribadisce che l’euro è una moneta «solida e credibile».
Ministri e banchieri centrali del G20, nel loro summit coreano, per la prima volta enfatizzano nel comunicato finale la prevalenza del risanamento dei bilanci pubblici rispetto alle misure per la crescita. La crisi ha mostrato «l’importanza di finanze pubbliche sostenibili, e la necessità di mettere in campo misure credibili, anche se non ostili alla crescita». E Trichet osserva che l’impatto del risanamento sulla crescita «non deve essere considerato negativo, perché i tagli di bilancio aiuteranno a consolidare la ripresa».
L’accordo di principio sul risanamento dei conti non può però nascondere il nulla di fatto rispetto alla tassa sulle banche. Il G20 si limita ad affermare, nel comunicato conclusivo, che il sistema finanziario dovrà «contribuire in maniera equa e sostanziale» a pagare i costi dei salvataggi. In sostanza, i governi sono chiamati a migliorare i bilanci appesantiti dai salvataggi delle banche, ma queste ultime riescono ancora a sfuggire alle loro responsabilità. Giulio Tremonti non sembra comunque insoddisfatto dell’esito del vertice, e ricorda che il G20 ha accettato la «nuova triade» di principi per l’economia e la finanza: «Correttezza, integrità, trasparenza. È una formula che compatta - osserva -: ha superato lo scetticismo, e infine è passata sia all’Ocse che al G20».
Il comunicato del vertice conferma che la riforma bancaria di Basilea 3 dovrà entrare in vigore entro il 2012. Le nuove regole, spiega Draghi, saranno pronte alla fine di quest’anno, e saranno introdotte con gradualità. Alcune parti potranno entrare in vigore prima di altre, come la definizione del capitale per la quale «occorre un accordo a livello globale».

Al G20, che non è riuscito a coagulare il consenso intorno alla tassa sulle banche, Draghi suggerisce di realizzare una «base comune minima» di principi internazionali sul contributo delle banche ai costi dei salvataggi e per gli aiuti al sistema finanziario. A questa piattaforma comune, spiega il governatore, «ogni Paese può aggiungere dei provvedimenti nazionali», come una tassa o una misura sul capitale.

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