Draghi: le tasse troppo alte stanno penalizzando gli onesti

Il governatore di Bankitalia chiede interventi strutturali sulla spesa pubblica, la riduzione delle aliquote e un patto per la ripresa. Come quelli firmati nell’83 e nel ’93 su scala mobile e concertazione

Draghi: le tasse troppo alte stanno penalizzando gli onesti

nostro inviato a Torino
La mano in tasca dal palco ed il rientro con volo di linea. Mario Draghi al Forex di Torino è anche questo. Il governatore della Banca d’Italia onora la tradizione inaugurata da Guido Carli, con un intervento dal sapore aspro per il governo, nonostante i commenti di prammatica. Chiede a maggioranza e parti sociali che sulle pensioni venga adottato lo stesso «sforzo di consapevolezza collettivo» - così lo definisce - che portò il Paese a rompere la «spirale prezzi-salari». A sconfiggere l’inflazione alimentata dalla scala mobile. E denuncia: «Il livello dell’imposizione tributaria in Italia è elevato. Penalizza le famiglie e le imprese che compiono il proprio dovere fiscale».
Lo «sforzo di consapevolezza collettivo» può avere due profili diversi, dice Draghi. Si può seguire, cioè, il modello dell’accordo «di San Valentino»; quando nella prima metà degli anni Ottanta (era il 14 febbraio 1983) venne deciso la fine dell’automatismo della scala mobile: una scelta che spaccò il sindacato. Oppure quello della concertazione del 1992-93, con l’accordo sul costo del lavoro. Due esempi shock che dimostrano come il governatore della Banca d’Italia ritenga necessario innalzare l’età pensionabile.
E che argomenta con una motivazione articolata. Il ragionamento del governatore parte da una considerazione di base: «Nel campo della previdenza è necessario assicurare al tempo stesso una pressione contributiva non eccessiva, l’equilibrio finanziario del sistema, l’erogazione di pensioni di importo adeguato». Si sviluppa con una nota sull’orlo della polemica: «In Italia il tasso di occupazione nella fascia fra 55 e 64 anni d’età supera di poco il 31%: oltre dieci punti in meno della media europea; quasi venti punti al di sotto dell’obiettivo condiviso dall’Italia e stabilito nel Duemila dal Consiglio europeo di Lisbona per il 2010».
L’orlo della polemica sfiorata da Draghi è rappresentata dal fatto che il presidente di quella Commissione europea che promosse il Vertice di Lisbona era Romano Prodi, ed il presidente del Consiglio dell’epoca era Massimo D’Alema. Rispettivamente presidente e vice presidente pro-tempore del Consiglio.
Mario Draghi non abbandona il suo understatement nemmeno quando ricorda che gli italiani pagano troppe tasse; e questo penalizza i contribuenti onesti. Il livello di pressione fiscale - dice - «in prospettiva deve essere moderato. I frutti della lotta all’evasione devono trovare compensazione nella riduzione delle aliquote». Pare di capire, quindi, che il governatore non condivida l’ipotesi di una restituzione fiscale, scadenzata per il 2009, come ha detto Padoa-Schioppa in Parlamento. Il prelievo fiscale dev’essere ridotto prima.
Non manca dal suo intervento una critica sulla qualità del risanamento finanziario: tutto concentrato sul lato delle entrate. «Nel 2006 le entrate delle amministrazioni pubbliche sono cresciute di circa un punto percentuale del pil; ed aumenteranno ancora nel 2007». Invece che con le tasse - fa capire il governatore - «uno stabile riequilibrio dei conti pubblici richiede interventi strutturali che contengano la dinamica degli esborsi nei grandi settori della spesa corrente». A partire dalle pensioni. E ricorda che nel 2005 e nel 2006 la spesa primaria corrente è rimasta allo stesso livello: cioè non è stata ridotta.
Nel suo intervento Draghi tocca anche il problema delle liberalizzazioni. «Vanno confermate e rafforzate le politiche di promozione della concorrenza negli ambiti in cui essa è ancora insufficiente. Il governo, anche con i provvedimenti recenti, procede in questa direzione». Qui, però, infila un distinguo non secondario. «Gli obiettivi sono da condividere. Gli strumenti vanno attentamente considerati». Insomma, non si sbilancia sui provvedimenti adottati.


L’unica «audacia» in politica economica è l’invito al governo ad introdurre rapidamente le riforme strutturali: sono più agevoli quando la congiuntura è positiva. L’occasione va colta appieno». Magari anche con soluzioni come quelle «di San Valentino».

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