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Il drammatico racconto di Novi: «Io, simbolo di malagiustizia»

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«Sono lieto che la richiesta di rinvio a giudizio della Procura genovese mi consenta finalmente di arrivare a un confronto dinanzi a un giudice terzo e imparziale»: questa la prima reazione di Giovanni Novi, ex presidente dell’Autorità portuale, subito dopo aver appreso, nella mattinata di ieri, il deposito, nella cancelleria dei gip, il giudice delle indagini preliminari, del provvedimento nei confronti suoi e di altre otto persone, accusate a vario titolo di truffa, abuso d’ufficio, turbativa d’asta, concussione e usurpazione di funzioni pubbliche in relazione all’assegnazione delle concessioni in banchina.
Gli imputati - per i quali è stato richiesto il rinvio a giudizio dai pubblici ministeri, sostituti procuratori Walter Cotugno e Enrico Zucca, e il procuratore aggiunto Mario Morisani - sono, oltre a Novi, che era stato messo a su tempo agli arresti domiciliari, l’avvocato dello Stato Giuseppe Novaresi (coinvolto per una sua consulenza su una decisione del comitato portuale), l’avvocato, consulente dell’Authority, Sergio Maria Carbone, l’ex segretario generale del porto Alessandro Carena, il decano degli armatori genovesi Aldo Grimaldi, il presidente della Compagnia Unica dei camalli, Paride Batini, il vice di quest’ultimo Paolo Marchelli, il terminalista e imprenditore della logistica Aldo Spinelli, e il dirigente del porto Filippo Schiaffino.
Le richieste dei pm sono contenute in 190 pagine più una serie di allegati. Secondo indiscrezioni che circolano negli ambienti di Palazzo di giustizia, le accuse dovrebbero essere le stesse contenute nell’«acip», l’avviso di conclusione delle indagini del luglio scorso. La truffa ipotizzata dai magistrati riguarda un rimborso di 1 milione e728mila euro, fatto approvare a favore della Culmv di Batini dal comitato portuale per i maggiori costi sostenuti nella gestione del terminal Multipurpose. Il denaro alla Culmv e la spartizione del terminal rappresentano i due filoni principali dell’inchiesta, iniziata con le indagini per l’occupazione abusiva di aree demaniali. Nella richiesta di rinvio a giudizio che è stata depositata nella cancelleria dei gip sono anche contenute numerose intercettazioni telefoniche.
A questo punto, Novi esce dal riserbo mantenuto fin dall’inizio dell’inchiesta, e fa sentire, forte e chiara, la voce in difesa del proprio comportamento in tutte le fasi della vicenda: «Non sono sorpreso, né stupido - esordisce l’ex presidente di Palazzo San Giorgio -. Considero il provvedimento un atto scontato che conferma un orientamento errato assunto dall’ufficio fin dal primo momento». Novi, ricorda, fra l’altro, l’accusa «sostenuta dagli stessi pm che ottennero il mio arresto il 4 febbraio 2008, un atto che tutti, anche i miei avversari più acerrimi, ritennero in ogni caso ingiustificato e sproporzionato, eseguito il giorno prima della scadenza del mio mandato da presidente dell’Autorità portuale».
In ogni caso, l’avvio di questa «seconda fase» della vicenda, a giudizio di Novi, «per l’ampiezza delle contestazioni è tale da portarmi a rappresentare tutto il mio operato, di cui resto orgoglioso, anche per il lavoro da me portato avanti per denunciare privilegi, irregolarità, abusivismi che ha consentito di recuperare ingenti somme dovute a canoni non pagati».

Infine un accenno alla Culmv: «Ho sempre detto che la consideravo una ricchezza per il porto, ma non ho mai, ripeto mai, pensato di favorire illegittimamente la Compagnia», senza contare che «quasi tutte le imputazioni che mi sono rivolte, in particolare per quanto concerne l’assegnazione del Multipurpose, riguardano decisioni assunte all’unanimità dal comitato portuale».

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