Droga a Mediaset, libero il tecnico arrestato

Droga a Mediaset, libero il tecnico arrestato

«Era tutta roba mia»: così Niccolò Ghinzani, tecnico di studio Mediaset, ha spiegato al giudice preliminare Fabio Antezza come mai nel suo armadietto personale, nella sede di Cologno Monzese delle emittenti del Biscione, ci fosse un panetto da settanta grammi di hashish di discreta qualità. E ha ottenuto di essere scarcerato.
La droga era saltata fuori nel corso delle perquisizioni effettuate dai carabinieri del Nucleo investigativo nella notte tra lunedì e martedì scorsi, nel corso dell’operazione che aveva portato all’arresto di dodici persone per spaccio di sostanze stupefacenti, tra cui due dipendenti Mediaset. Ghinzani non era destinato all’arresto. Ma la scoperta del «fumo» nel suo armadietto aveva fatto scattare l’arresto in flagranza per detenzione, e Ghinzani era così diventato il terzo tecnico Mediaset a finire dietro le sbarre nell’ambito dell'operazione della procura antimafia milanese.
Davanti al gip Antezza, chiamato a convalidare il fermo, Ghinzani - assistito dall'avvocato Agostino Crosti - ha ammesso senza esitazioni la paternità del pacchetto di droga trovato nel suo armadietto. Ma ha negato con forza di essere uno spacciatore. «Sono un consumatore abituale di hashish - ha spiegato il tecnico - e per questo faccio scorte di una certa entità. Ma non ho mai venduto a nessuno, nè sul posto di lavoro nè fuori». Il giudice non gli ha creduto del tutto, e ha convalidato l’arresto in flagranza effettuato dai carabinieri: ma ha respinto la richiesta di custodia in carcere avanzata dal pubblico ministero Antonio Sangermano e ha disposto l’immediata scarcerazione del tecnico.
A favore di Ghinzani hanno giocato l’assenza di precedenti penali (a differenza di Domenico Molle, un altro degli arrestai, che ha già alle spalle denunce per droga) e il fatto che l’hashish non fosse confezionato in dosi pronte per la vendita al dettaglio. Peraltro si è appreso che la Procura aveva già chiesto l’arresto di Ghinzani, il cui nome era compreso nell’elenco di «catturandi» inviato al giudice preliminare: ma nei suoi confronti gli indizi di colpevolezza erano stati ritenuti «totalmente insussistenti» e l’ordinanza di custodia era stata rifiutata.
In carcere, invece, restano per ora gli altri dipendenti Mediaset arrestati: Molle e il suo collega Damiano Foschi. Ai due, la Procura contesta di avere gestito una vasta e costante attività di spaccio di hashish e di cocaina anche all’interno dell’azienda: tra i clienti, secondo alcune intercettazioni realizzate dai carabinieri, ci sarebbero anche un paio di volti noti.

Ma la Procura ha imposto - coprendo con degli omissis i passi delle intercettazioni - che i nomi dei clienti non venissero indicati nell’ordine di custodia: perché per la legge italiana il semplice consumo di droga non è reato, e non vi è dunque motivo di additare al pubblico ludibrio gli «utenti finali».

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