La Duchessa e la sua passione per Genova

Occhi azzurri e sorriso appena accennato, una giovanissima Maria Brignole Sale, «Marinetta» in famiglia e futura duchessa di Galliera, siede composta ed elegantemente vestita nel grande ritratto dipinto da Matteo Picasso nel 1828, tuttora conservato a Palazzo Rosso.
Dal lungo abito scuro, fermato alla vita da una cintura con fibbia in oro, spuntano le scarpine di raso bianco. Le maniche sono doppie: corte, a palloncino e della stessa stoffa del vestito quelle di sotto; in tessuto trasparente e, come vuole la moda dell’epoca, molto ampie quelle di sopra, lunghe e completate da polsini di raso. La capigliatura, di colore castano chiaro, raccolta molto alta sulla nuca, forma attorno al viso file ordinate di grandi riccioli divisi da una breve scriminatura al centro della fronte.
Marinetta ha diciassette anni. È nata nel seicentesco palazzo di Strada Nuova il 5 aprile 1811 - esattamente due secoli fa - da Artemisia Negrone e da Antonio Brignole Sale, che le vicende della storia hanno già chiamato e chiameranno a svolgere importanti incarichi: prefetto del Dipartimento di Montenotte sotto Napoleone, poi rappresentante del Governo ligure al Congresso di Vienna, ambasciatore del Regno di Sardegna, sindaco di Genova dal 1825 al 1828, presidente degli Ospedali Civici. Marinetta, colta e di intelligenza vivace, è abituata a viaggiare fin dall’infanzia, trascorsa con la famiglia a Parigi, città per cui nutre una particolare predilezione, forse sulle orme della nonna paterna Anna Pieri, dama d’onore dell’Imperatrice Maria Luisa.
Il 14 gennaio 1828, nella chiesa della Maddalena, si celebrano le nozze di Marinetta con il cugino Raffaele De Ferrari: matrimonio combinato dalle rispettive famiglie per l’antica nobiltà di lei e quella più recente, ma dotata di un ragguardevole patrimonio, di lui. Il suocero Andrea dona agli sposi il palazzo di piazza San Domenico. Negli anni seguenti Raffaele, che acquisterà anche i titoli di duca di Galliera e principe di Lucedio, si destreggia con crescente abilità tra aziende agricole, linee ferroviarie, speculazioni immobiliari, imprese minerarie e armatoriali, riuscendo ad accumulare via via una straordinaria fortuna.
I duchi vivono tra Genova e Parigi, dove risiedono nel sontuoso palazzo settecentesco Hôtel Matignon e sono ricevuti a corte. Intraprendono frequenti viaggi in paesi europei, prima con lunghi percorsi in carrozza su strade polverose, poi più comodamente in treno.
Nel 1876 la generosa donazione di 20 milioni di lire al porto di Genova rende possibile il raddoppio della superficie e l’ammodernamento delle strutture. I genovesi riconoscenti decidono - fatto eccezionale - di intitolare a Raffaele, ancora vivente, la piazza San Domenico, che da allora porta il nome di piazza De Ferrari.
Dolori e amarezze vengono invece ai due coniugi dai figli: perdono la primogenita a pochi mesi dalla nascita, poi l’amatissimo Andrea quando è ancora un ragazzo. Il terzo figlio, Filippo, delude le aspettative dei genitori disinteressandosi completamente alle tradizioni e ai beni di famiglia. I duchi maturano allora la decisione di assegnargli un capitale e una rendita, per dedicare quindi la maggior parte dell’immenso patrimonio alla creazione di grandi istituzioni culturali, caritative ed assistenziali a Genova, Voltri, Voltaggio e in Francia. Progetto che la duchessa, rimasta vedova, riesce a condurre in porto con determinazione e lungimiranza. Vengono così donati alla città di Genova Palazzo Bianco e Palazzo Rosso con la galleria di quadri e la biblioteca, nascono opere benefiche modernamente concepite come gli ospedali Galliera, San Filippo e San Raffaele di Coronata.


Quando Maria De Ferrari muore a Parigi il 9 dicembre 1888, un treno speciale, messo a disposizione dal governo francese, riporta la sua salma a Voltri, dove si trova la grande villa che è stata tradizionale residenza estiva dei Brignole Sale, perché la duchessa possa riposare nella chiesa di San Nicolò accanto ai resti del figlio Andrea.

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