Due alpinisti genovesi salvi dopo una notte sul Paradiso

Bloccati a 4.000 metri, hanno scavato una buca nella neve

Due alpinisti genovesi salvi dopo una notte sul Paradiso
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Maria Vittoria Cascino

da Chiavari

Hanno scavato nel ghiaccio con la forza della disperazione. Hanno rosicchiato centimetro dopo centimetro, affogati nella nebbia. Hanno buttato tutto in quel buco per tirare fino al mattino. In quel buco ci hanno passato la notte e salvato la loro vita Luigi Galli e Roberto Carli, due alpinisti genovesi che lunedì sono stati sorpresi da una bufera di neve mentre stavano raggiungendo la cima del Gran Paradiso. Vento, nessuna visibilità. E freddo. Salta l’orientamento, saltano i riferimenti. Luigi e Roberto, fermi sulla parete nord, versante valdostano, scavano. Nel buco potranno vincere la sfida. Devono solo resistere. Usano la poca attrezzatura a disposizione per costruire una sorta di tetto e si mettono sotto. La cima è appena sopra di loro, la temperatura sfiora i meno 10 gradi. «La bufera era prevista per metà pomeriggio - racconta Galli - ma è arrivata molto prima. E non potevamo tornare indietro perché eravamo troppo vicini alla vetta». Perché in quota c’è l’incognita tempo che può mutare all’improvviso. La bufera passa, ma la notte si allunga. Il nero scarta il bianco. Non cambia nulla, devono restare nel buco, rannicchiati, mentre il tempo si dilata e il cervello è una pallina da ping pong. Al rifugio Vittorio Emanuele non li vedono tornare. Il rifugio è poco sopra i 2000 metri, la cima sfiora i 4000. Il gestore allerta il Soccorso Alpino che attiva l’elicottero. Niente. non si vede a un palmo. «Verso le 19 abbiamo sentito l’elicottero, ma la nebbia ci nascondeva» ricorda Galli. I cellulari sono muti. Partono due guide. Risalgono a piedi la montagna, arrancano con quella forza, quel coraggio che ti fa pensare che hanno stretto un altro patto. Non trovano tracce e tornano indietro. È qui che cominci a pregare. Che tieni il fiato, che pensi che un sistema l’avranno trovato per difendersi. Di sicuro. E poi pensi di nuovo a che quota potevano trovarsi, se hanno avuto un incidente, se si sono fatti prendere dal panico. Se. Luigi e Roberto sono nel buco e aspettano. Con l’elicottero che era lì sopra di loro e non poteva vederli, accidenti. Roberto ha un principio d'assideramento alle dita dei piedi. Ci sono due corpi stretti per sopravvivere. Due corpi che cercano calore e pensano a chi li aspetta a casa. Il 4000 più facile delle Alpi. Già. Ma loro sono nel buco. Deve passare la notte. Deve esserci un cielo terso perché li possano ritrovare. Alle 5.30 di ieri l’elicottero si rialza in volo, la sua ombra scivola sul ghiaccio. Luigi e Roberto lo sentono. Si fanno largo fra la copertura di fortuna, agitano le braccia. C’è sole e cielo terso. C’è la vita che esplode. Tutto torna a ritroso nella mente, i pensieri s’annullano, le immagini si cancellano e i fantasmi della notte si sciolgono in quota. I due alpinisti finiscono all’ospedale di Aosta per accertamenti. Tutto bene. Sono già a casa. Luigi a Chiavari, Roberto a Genova. Scopriamo che Luigi, 50 anni, geometra all’ufficio tecnico del Comune, è un tesserato Cai, ha al suo attivo una spedizione sulle Ande Peruviane e decine di scalate su roccia e ghiaccio.

«È molto stanco - ci dice la compagna -. Non ha ancora digerito la storia. Certo, era felice, ma scosso. Come tutti noi. Non sapevamo come sarebbe finita. Non sapevamo se il tempo sarebbe migliorato. È stato un miracolo».

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