Altro che Derrick. Con tutto il rispetto per il da poco defunto Horst Tappert, nei telefilm del grigio ispettore bavarese lassassino lo potevi scegliere tirando i dadi: il primo che capitava. Volete mettere il tenente Colombo? Lui il colpevole lo fiuta subito, spesso già alla prima inquadratura. Sarà intuito, deformazione professionale, perfino fattore C, sta di fatto che quando il killer, che grazie al cielo non è mai serial (con Colombo si va dritti in galera al primo delitto e di amnistie e indulti non cè traccia) entra nel teleschermo, lo spettatore gongola: unora, unora un quarto al massimo e dovrà alzare bandiera bianca.
La (geniale) trovata che differenzia i telefilm di Colombo dagli altri polizieschi la conoscono tutti: chi sta seduto in poltrona davanti alla tv vede lassassino mentre compie lomicidio. Conosce perfettamente il movente che lo ha spinto al delitto (gelosia, invidia, avidità, paura e via elencando) e anche lalibi che sta confezionando per mettersi al sicuro. Peccato che lignaro omicida non abbia fatto i conti con il poliziotto in arrivo. Spesso non capisce che è un piedipiatti, a volte lo ignora, quasi sempre lo sottovaluta. Daltra parte come si fa a prendere sul serio un tipo come Colombo? Si presenta con unansimante Peugeot 403 crema decapottabile, forse più vecchia dello spiegazzato impermeabile dal colore indefinibile, ma un tempo doveva essere bianco, si guarda intorno con aria distratta, maneggia con finta noncuranza un taccuino gravido di appunti e mozziconi di sigari dallodore pestilenziale, che impeccabili maggiordomi o eleganti signore di Beverly Hills gli intimano di depositare nel posacenere.
Bene, quando lassassino finalmente realizza che quellomino di cui storpia continuamente il nome, Columbo in originale, è un tenente della sezione omicidi della polizia di Los Angeles, la frittata è fatta. Già, perché il segugio avrà anche una faccia qualunque, con laggravante di un occhio sbirolo (una menomazione dellattore, trasmessa per contagio al personaggio), ma ha un cervello che Derrick se lo sogna. Così dunque il sospettato finisce quasi senza accorgersene nel tritacarne. Una domanda dopo laltra, in apparenza futili, per non dire innocue. Il sospettato pensa già di essersela cavata senza troppi impacci, però il poliziotto torna, con la scusa di essersi dimenticato di mettere a fuoco un particolare, e riparte con il terzo grado. Una, due, tre volte, si congeda e altrettante si ripresenta. Lassassino comincia a innervosirsi, lalibi scricchiola, le spalle ormai sono prossime al muro, la confessione è questione di minuti.
I telefilm di Colombo non fanno una piega dal punto di vista strettamente tecnico: si possono girare e rigirare come un guanto, impossibile trovarci una sbavatura. Anzi, anche chi li conosce a memoria, li riguarda con intatto piacere da quel lontano 1979 quando fecero la prima apparizione sul secondo canale della Rai, con undici anni di ritardo sullesordio americano. Non per nulla su Rete 4 vanno in onda tutti gli anni, sempre gli stessi trenta o quaranta episodi, con inalterato successo. Cè il riccone in disgrazia Ray Milland che uccide il genero nella serra; il direttore dorchestra John Cassavetes che ammazza lamante invadente; il viticoltore Donald Pleasence che fa fuori un nipote scomodo; lo psicanalista George Hamilton che con una semplice telefonata manda al creatore una paziente fragile. Tutta gente convinta di farla franca e puntualmente caduta nella rete di Colombo.
Lunica che si è salvata è una bionda attrice in declino, interpretata da Janet Leigh, che ha accoppato il marito.
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