Nelle ore immediatamente precedenti al calcio d’inizio, Papa Ratzinger fa sapere che pregherà per Germania e Polonia e le loro nazionali. Ma alla fine se aiuto divino ci sarà, andrà a beneficio solo della Germania. «Offuscando» forse le idee del guardalinee norvegese Holen in occasione del primo gol teutonico. Avvertenza: guardando i 90 minuti il successo dei panzer tedeschi non pare in discussione, nonostante qualche amnesia difensiva che solo la scarsa vena delle punte polacche rende poco pericolosa. Ma la squadra di Löw, il delfino di Klinsmann arrivato all’Europeo con l’attesa dell’opinione pubblica tedesca, si rivela più squadra dal punto di vista tecnico e tattico. Ripete il risultato ottenuto la sera prima dal Portogallo, pur non dimostrando la stessa brillantezza. Ma si sa, in manifestazioni del genere conta l’impatto e quello dei panzer lascia il segno.
La Germania piomba sull’Europeo con la pesante etichetta di un attacco stratosferico. C’è da sbloccare un digiuno realizzativo che dura da dodici anni. Il golden gol alla Repubblica Ceca di Oliver Bierhoff, oggi manager della Nationalmannschaft, sembra perdersi nella notte dei tempi. Da quel 30 giugno 1996 niente esultanze e solo delusioni per i tedeschi nella manifestazione continentale. L’onore tocca a Lukas Podolski da Gliwice, ovvero polacco di nascita (si noterà dalla sua esultanza contenuta sui due gol che decidono il match). Tocca a lui cancellare quello zero che non fa onore all’illustre storia teutonica. L’attaccante del Bayern Monaco ha vissuto una stagione all’ombra di Toni e Ribery e per giocare titolare in una nazionale che «scoppia» di punte deve sacrificarsi nel ruolo di quarto centrocampista a sinistra, con licenza di soccorso alla coppia Gomez-Klose. Che prima sciupano malamente un comodo contropiede (con somma gioia della Gialappa’s che allarga il suo archivio), poi confezionano l’azione che manda in gol per la prima volta l’attaccante che ha appena compiuto 23 anni. Il bis corona la sua serata e la sua personale rivincita su una stagione da dimenticare, con il Bayern che potrebbe metterlo sul mercato già alla fine dell’Europeo.
Ci provò due anni fa a mettere il suo sigillo nell’epica semifinale di Dortmund contro l’Italia che poi avrebbe trionfato a Berlino. Trovò di fronte a sè il Buffon in grande spolvero, ma imbattè anche in una serata di mira imprecisa. La sua delusione se l’è portata dietro per 24 mesi e ieri ha dato il via al promettente Europeo della Germania. Conquistando, anche se forse per una sola notte, il trono dei cannonieri. E pensare che poteva giocare in quella nazionale che ieri ha domato con apparente facilità.
Le statistiche recitano: la sua doppietta porta a quota 101 in nazionale le reti dell’intero roster degli attaccanti tedeschi presenti in Austria. Numeri da far paura, come da paura è la vigilia di una delle partite più a rischio dell’Europeo. Quattromila agenti in assetto antisommossa, diciassette fermati dopo i disordini della notte precedente la partita, migliaia di tifosi tedeschi che invadono la tranquilla Klagenfurt senza biglietto per le due sfide che la Germania giocherà qui. E poco prima del fischio di Ovrebo anche frasi naziste di un centinaio di hooligan (poi arrestati dalla polizia) che hanno marciato nel centro storico della città. Non avevano contribuito a rendere il clima meno teso le orride foto dei tabloid polacchi, per le quali erano arrivate le scuse di Leo Beenhakker.
Uomo di mondo, la «sua» Polonia condotta per la prima volta alla competizione ha dimostrato di avere un bel collettivo. Ma la fame (realizzativa) dei tedeschi era troppo grande, difficile uscire indenni dal debutto di fuoco.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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