Musica

Due Lucio, un solo talento. Battisti cantava la vita. Dalla esaltava la fantasia

E dire che erano così vicini ma sembravano così distanti. Tra di loro c'erano solo dodici ore di differenza, visto che uno, Dalla, era nato sul finire del 4 marzo e l'altro, Battisti, all'inizio del 5 marzo 1943

Due Lucio, un solo talento. Battisti cantava la vita. Dalla esaltava la fantasia

E dire che erano così vicini ma sembravano così distanti. Tra di loro c'erano solo dodici ore di differenza, visto che uno, Dalla, era nato sul finire del 4 marzo e l'altro, Battisti, all'inizio del 5 marzo 1943, uno a Bologna l'altro a Poggio Bustone provincia di Rieti, e questa vicinanza anagrafica li pedinò per tutta la vita. I fan di Dalla ripetevano che «di Lucio ce ne sono due, ma di Dalla solo uno», quelli di Battisti dicevano lo stesso cambiando solo il cognome.

In realtà i due Lucio non collaborarono mai, si parlò di un tour insieme a inizio anni Ottanta ma niente e forse l'unica volta in cui Battisti parlò di Dalla fu indirettamente nella celebre puntata di Speciale per voi del 1970 quando, davanti al conduttore Renzo Arbore, fu «processato» sul secondo canale Rai per le presunte scarse qualità canore. Lui si difese così: «Credo che sia necessario, in una maniera o nell'altra, comunicare qualcosa». Allora il critico musicale Renzo Nissim (ah i critici...) sentenziò che anche «Lucio Dalla ha detto che è importante quello che dicono, allora scriviamolo su un bel foglio di carta». Battisti si inalberò, tagliò corto e iniziò a cantare, forse iniziando a decidere proprio in quel momento che basta, io parlo solo con la musica come peraltro fece fino alla fine dei suoi giorni. Dalla era l'opposto: cercava il pubblico e la polemica lo attizzava, se non altro perché avrebbe potuto riderci su.

In ogni caso, sulle affinità e divergenze tra il compagno Dalla e l'asociale Battisti (per parafrasare il titolo di un album dei CCCP) si è detto tutto e, specialmente, il suo contrario soprattutto negli anni Settanta quando chi era di sinistra (allora si diceva comunista) ascoltava Dalla e guai a nominargli Battisti perché era «fascista». Un luogo comune così potente che superò anche la scoperta nel 1978 dei dischi di Battisti nel covo delle Brigate Rosse in via Monte Nevoso a Milano. In Italia siamo sempre bipolari, nel senso di polarizzati, o di qua o di là.

In realtà i due Lucio erano entrambi fondamentalmente musicisti, e che musicisti. Dalla era un fenomeno del clarinetto che a vent'anni suonava con Chet Baker e con Pafff Bum! gareggiò a Sanremo insieme agli Yardbirds del già favoloso chitarrista Jeff Beck e di Jimmy Page (allora al basso, poi cambiò la storia della chitarra nei Led Zeppelin). Lucio Battisti aveva girato l'Italia suonando la chitarra con i Campioni (Teo Teocoli ha raccontato che una sera a Torino lo aiutò a caricare gli strumenti sul furgoncino). Da grande jazzista, Lucio Dalla partiva dalla musica, proprio come Battisti che aveva un'anima più psichedelica, beat, insomma rock. Ron ricorda di quando Dalla lo chiamava in piena notte per fargli ascoltare una parte musicale e ancora oggi Mogol scrive canzoni soltanto dopo aver sentito la musica (che Battisti curava in modo maniacale, e si sente: era anni luce avanti rispetto a quasi tutti gli altri).

Entrambi faticarono molto con la voce. Lucio Dalla la usava in un modo così personale che negli anni Sessanta sembrava quasi un oltraggio (ricordate i suoi inarrestabili «scat»?). Al Cantagiro del 1964 fu accolto con frequenti lanci di ortaggi. Il suo mentore Gino Paoli ricorda che «ogni sera raccattavamo una buona dose di fischi e pomodori, uno spettacolo nello spettacolo». E più o meno nello stesso periodo Mogol dovette minacciare le dimissioni dalla Ricordi perché i dirigenti pensavano che Battisti avesse una brutta voce e quindi addio contratto.

Per farla breve, erano entrambi pionieri che, come tutti i pionieri, trovarono molte porte chiuse prima di aprire il portone del successo. Per Lucio Battisti (di cui Paolo Panelli sul Messaggero derise la pettinatura «selvaggia»), la chiave fu Mogol, con il quale costruì una coppia che artisticamente è stata feconda come, ad esempio, quella tra Elton John e Bernie Taupin, ma culturalmente e socialmente è stata molto più influente. Mogol e Battisti hanno contribuito a cambiare l'Italia, inutile negarlo e la politica non c'entra. Hanno portato la cultura popolare nella musica leggera raccontando un paese nel quale «al 21 del mese i nostri soldi erano già finiti» e che l'amore lo «scopriremo solo vivendo». Sono stati politici pur restando apolitici.

Invece Lucio Dalla, che nel 1971 a Sanremo fu mutilato dalla censura (per 4/3/1943) ha avvicinato la politica quasi per induzione ma non per convinzione. Troppo anarchico per essere comunista o chissà cos'altro. Però i tre dischi con Roberto Roversi (che fu tra l'altro condirettore del quotidiano comunista Lotta Continua) lo iscrissero di diritto tra gli artisti militanti. In realtà, e questa è un'altra affinità tra i due, entrambi rifiutavano categorie, appartenenze, militanze di partito. Battisti lo faceva estraniandosi da tutto, Dalla prendendo in giro tutto. Battisti si inerpicò sugli irti colli con Pasquale Panella, Dalla girovagò per i sette colli (musicali). Scrisse Caruso che fu sbertucciato dalla critica ma oggi è uno dei pezzi italiani più famosi nel mondo. Cantò Attenti al lupo che rimase in classifica per sei mesi ma non piaceva ai puristi perché dai, questo non è il vero Dalla. Insomma ci sono più affinità che divergenze tra i due Lucio così vicini ma all'apparenza così distanti.

Se fossero ancora qui con noi, festeggerebbero gli ottanta anni alla loro maniera. Lucio Battisti rimarrebbe nascosto come Mina, neanche una foto, manco un tweet per carità. Lucio Dalla farebbe come farà Al Bano e riempirebbe l'Arena di Verona perché a ottant'anni è ancora più bello cantare il disperato erotico stomp a tutti, anche ai nipoti di chi c'era ai tempi dei Flippers.

Ma forse entrambi sarebbero contenti di accorgersi che è cambiato tutto, lo streaming e il politicamente corretto governano la musica, ma loro restano ancora i due punti di riferimento che nessuno, ma proprio nessuno, può permettersi di dimenticare.

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