Due mani di calce sulla nostra cultura

Due mani di calce sulla nostra cultura

D’accordo, Calderoli ha sbagliato e hanno fatto bene a cacciarlo: con l’Islam in fermento in tutto il mondo non è proprio il caso che un ministro se ne vada in giro esibendo improbabili magliette, fornendo ai fanatici ulteriori motivi alla loro furia. Però... però siamo certi che i suddetti fanatici i motivi di infuriarsi non li avrebbero comunque trovati? Il fatto è che ormai il politicamente corretto è in agonia: ora va alla grande il «coranicamente corretto». In base al quale siamo tutti costretti a camminare in punta di piedi anche in casa nostra: nel centro storico genovese sono sparite due antiche norcinerie e l’unica delle residue macellerie italiane che esibiva in vetrina l’invitante muso di maiale troneggiante su salsicce e costine, ha dovuto toglierlo, per non offendere lo sguardo dei nostri sensibilissimi ospiti musulmani. A quando l’occhiuta polizia religiosa che venga a controllarci cibo, ricette, vestimenta, abitudini sessuali e rispetto delle norme coraniche?

Le sue considerazioni, caro Simonetti, rispecchiano quelle di molti lettori che ci hanno scritto sul caso Calderoli. Tutti premettendo, come lei, che il ministro o meglio l’ex ministro, mancò di tatto. E chiedendosi: e adesso, cosa si fa? Nel nome del dialogo e degli interessi della nazione (sicurezza, approvvigionamento energetico, commercio, salvaguardia del nostro personale diplomatico) dobbiamo seguitare a sottostare a quella disciplina che lei, caro Simonetti, chiama il coranicamente corretto? Oggi per rispetto (o per timore?) si smantella l’insegna di una norcineria, ma le cose che offendono o turbano il sensibile animo islamico possono essere più di mille. Perché in sostanza è l’intero Occidente, l’intera cultura e civiltà occidentale che l’Islam vuole rimuovere. Tempo fa Adel Smith, il capo dell’Unione Musulmani d’Italia, pretese senza mezzi termini che il Quattrocentesco affresco in San Petronio, a Bologna, raffigurante Maometto all’inferno fosse «immediatamente e per sempre cancellato» e che si chiedesse «ufficialmente scusa a tutti noi musulmani nella stessa maniera in cui il vostro superiore, il pontefice extracomunitario Giovanni Paolo II, ha già chiesto perdono agli ebrei e ai greco-ortodossi».

Resistemmo, ma se l’opera del pittore Giovanni da Modena assumesse il ruolo delle vignette satiriche e i dervisci dell’Islam prendessero a rinfacciarcelo assalendo le nostre rappresentanze diplomatiche? Cercheremmo il benedetto dialogo nella speranza che la controparte tenga conto che Adel Smith è lo stesso che a Porta a Porta definì il crocifisso «un cadaverino appeso a due legnetti», lo stesso che sollecitò il Papa ad «abbandonare la religione idolatrico-politeistica cattolica», lo stesso che liquidò la Chiesa cattolica una «associazione a delinquere» e tutto ciò senza che noi scendessimo in piazza per reclamare, sbraitando come dannati, la sua testa? E se, come assai probabile, ritenendo la nostra buona volontà solo un segno di debolezza non ne tenessero conto? Due mani di calce sull’affresco – sulla nostra cultura, sulla nostra civiltà - quale pedaggio alle bellurie della società multietnica?
Paolo Granzotto
Ps: leggo ora che Smith, quello del «cadaverino appeso a due legni», ha querelato Calderoli «per aver offeso la religione islamica». Roba da matti. Ti vien voglia di urlare: «Forza Calderoli!».

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