Roma - Un governo «con le gambe corte e il naso lungo». Che «sbaglia tutti i tempi», si muove «a zig-zag» e, «a furia di spallate», ormai ha più d’una «vertebra che fa male». Non accuse dell’opposizione, ma parola di Antonio Di Pietro e Clemente Mastella, il giorno dopo il voto su Visco e l’affare Speciale. Con tanto di fiducia dichiarata allo stesso governo di cui fanno parte in qualità di ministri: con tutta evidenza si tratta di ministri «pentiti», ma legati alla sorte di Romano Prodi & C. da una tipica forma di «poltronite acuta». «Chiacchiere», le definisce il deputato forzista Antonio Leone, indignato per la «squallida furbata di una critica a posteriori».
Eppure, dopo aver assicurato in Senato nuova linfa vitale all’esecutivo che lui stesso vede «morire lentamente», Mastella rivendica di poter essere «leale ma anche critico». Sbagliamo tutti i tempi, lamenta: «Abbiamo siglato l’accordo con gli statali il giorno dopo le elezioni, abbiamo estromesso Speciale dalla Guardia di finanza il giorno prima della parata del 2 giugno». Ora, passata la buriana su Visco, «non possiamo far finta di niente e non può tornare tutto come prima». È una «coalizione strana», nella quale «noi segretari non ci vediamo mai», aggiunge il Guardasigilli. Per il quale «questo tipo di governo ha senso se si va avanti e fa gesti particolari. Non possiamo aspettare eternamente Godot...». Si vivacchia, insomma, e «a furia di spallate qualche vertebra comincia a fare male...».
Più incentrato sul caso Gdf è il «pentimento» di Di Pietro, che censura un comportamento «con le gambe corte e il naso lungo». Un’illogicità «che non ci ha fatto onore», consistita nell’«offrire a un generale da una parte il posto alla Corte dei conti e, dall’altra, dirgli che è un mascalzone: o Speciale è la persona che ha descritto Padoa-Schioppa e allora non solo va rimosso ma anche deferito agli organi competenti, compresa la procura militare. O non lo è, e allora non si può allo stesso tempo nominarlo giudice della Corte dei conti». Altro dubbio riguarda anche «l’errore tecnico, politico e d’opportunità» compiuto da Visco.
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