Due procure e un pool: il risultato è stato il caos

Per anni gli investigatori non hanno collaborato tra loro. Ma ora, forse, si è arrivati a una svolta

La caccia a Unabomber impegna oggi una trentina di uomini a tempo pieno, un pool (piuttosto costoso) di investigatori della Polizia scientifica e del Reparto investigazioni speciali (Ris) dei carabinieri coordinati dalle procure di Venezia e Trieste. Non è una bella pagina, quella delle inchieste sul seminatore di ordigni. Per anni si sono svolte indagini parallele in ognuna delle province teatro delle esplosioni: Trieste, Venezia, Pordenone, Udine. Ognuno per la sua strada, nessuno scambio di informazioni, risultati zero. Qualche anno fa si trovò il modo di coordinare gli inquirenti: si attribuì a Unabomber la finalità di terrorismo, i fascicoli furono avocati dalle Direzioni distrettuali antimafia di Veneto e Friuli Venezia Giulia e fu costituito il pool interforze.
La svolta venne una notte dello scorso aprile. Ezio Zernar, assistente capo della polizia giudiziaria di Venezia e responsabile tecnico del laboratorio indagini criminali della procura lagunare, aveva passato due mesi passando un centinaio di forbici al microscopio comparato secondo la tecnica del «toolmark», che aveva appreso al Forensic science associated di Harrogate in Inghilterra. Quella notte scoprì l’indizio chiave: la forbice da elettricista modello Valex lunga 15 centimetri la cui lama era compatibile con tutti i segni lasciati sul lamierino di un ordigno di Unabomber. Il pezzo di metallo era stato trovato dentro un accendino esplosivo scoperto casualmente nell’imbottitura di un inginocchiatoio della chiesa di Sant’Agnese a Portogruaro, il 2 aprile 2004.


Le forbici erano state sequestrate in un capanno di Zornitta, ma Zernar lo ignorava. I Ris di Parma confermarono la compatibilità. Ora le procure, con l’incidente probatorio, vogliono che l’indizio diventi prova contro il sospettato numero uno.

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