«È tutto cambiato, non si può più uscire, troppi delinquenti extracomunitari che dettano legge». «Non è vero, qui si sta benissimo, è un grande paese in cui ci si conosce tutti». Per quanto contrarie l'una all'altra, entrambe le affermazioni sono reali e verificabili. E insieme esprimono alla perfezione le contraddizioni del quartiere di Sampierdarena.
Immediata periferia genovese, il primo quartiere che si incontra muovendo verso ponente. Quasi 50 mila anime nella delegazione un tempo giardino e meta turistica dei patrizi genovesi, poi diventata la «Manchester d'Italia» agli inizi del '900 con la rivoluzione industriale ed ora, terra di frontiera, con l'incremento dei flussi migratori, in particolare dal Sud America.
Problemi di ordine pubblico, integrazione che funziona e non funziona ma nel contempo un grande paese in cui negozianti e clienti si conoscono da una vita e l'orgoglio dei sampierdarenesi che ancora si considerano quasi in una città a sé stante e che quando vanno verso il centro dicono «vado a Genova». Basta fare un giro per il quartiere per rendersi conto che pregi e difetti, qualità e problemi, si mescolano l'uno con l'altro e si palesano in maniera evidente da zona a zona, cambiando scenario e colpo d'occhio spostandosi di poche decine di metri. Via Cantore, la principale arteria di comunicazione, quasi come una linea di confine.
Spostandosi verso ponente, da piazza Montano in poi, aumenta esponenzialmente la concentrazione di sudamericani, molti integrati con lavori e famiglie stabili, altri per niente, e abituati alla «fiesta» con fiumi di birra, rumori molesti e anche aggregazione nelle famigerate baby gang con quanto ne consegue in termini di sicurezza e ordine pubblico.
Al di sotto di via Cantore, da via Buranello e Lungomare Canepa, ecco il territorio della prostituzione e delinquenza nordafricana, con locali notturni di dubbia frequentazione spesso oggetto di raid delle forze dell'ordine. E fin qui i problemi, innegabili e palesi, che in un modo o nell'altro deragliano in episodi di criminalità diffusa che vanno, appunto, dalla prostituzione a cielo aperto, fino a quei che solo la casistica giudiziaria cataloga con l'appellativo di «microcriminalità» come furti, scippi e aggressioni.
Ma cè anche una Sampierdarena ben diversa. La parte più a Levante di Via Cantore, le alture che portano al Belvedere e a via Del Fossato, e in parte comunque tutta la delegazione; quella orgogliosa e quella che vive il quartiere davvero come fosse quasi un paese autonomo. Dove nonni e nipoti frequentano serenamente il parco di Villa Scassi, dove il vociare dei ragazzini che giocano a pallone è la colonna sonora abituale, e dove il rischio più grosso è quello di litigare per un gol dubbio o un fallo non visto. Le botteghe, i piccoli negozi a conduzioni familiare che si stagliano sui centri scommesse, le sale da gioco e i locali notturni.
Ma qual è allora la vera Sampierdarena? Entrambe. Quella eccessivamente multietnica e «pericolosa» come quella vivibile e accogliente, spesso l'una in conflitto con l'altra. Quello che serve, a detta di chi nella delegazione abita, sono interventi radicali e assolutamente necessari.
Solo così la Sampierdarena orgogliosa, che resiste al degrado e punta al rilancio, tornerà ad essere quel paesone di una volta dove vivere era davvero un piacere.
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