Caro Granzotto, conosce la novità? La interesserà certamente, lei è sempre a caccia di queste cose. Ho sentito alla radio questa espressione: «Condividere unamicizia». Uno non è più amico di un altro, ma ne condivide lamicizia. Non lo trova stupido e barocco? Come se esistesse un sentimento dellamicizia a senso unico, non ricambiato.
Non solo sentita, ma anche letta, caro Mantovano. Il verbo «condividere» va fortissimo nella tribù dei babbei, tanto che arrivano a dire, senza fare una piega, «condividere lesperienza matrimoniale». Quando una sociologa della quale purtroppo non ricordo il nome se ne uscì con quella idiozia, mi tornò alla mente un aneddoto che la dice lunga sulla «condivisione». Protagonista della storia è Alessandro Dumas (padre), a quel tempo sposato con lattrice Ida Ferrer. Per questione di soldi - lei ricchetta, lui pieno di debiti - finirono per litigare: avendo il coltello dalla parte del manico, Ida cacciò Alessandro di casa, confinandolo in un sottotetto. Da dove una sera, dopo essersi messo in ghingheri e appuntato sul petto una cascata di decorazioni, partì, a piedi, non avendo gli spiccioli per la carrozza, alla volta delle Tuileries, ove era atteso a un ricevimento del duca dOrleans. Lungo la strada, però, fu sorpreso da un furioso acquazzone così che, fatto dietro front, corse a bussare alla porta di Ida, che abitava nella vicina rue de Rivoli: «Cara, inzuppato come sono non posso presentarmi al duca», le disse, «inoltre muoio dal freddo per cui, abbi pazienza, resterò un po qui, davanti al caminetto acceso. Giusto il tempo di asciugarmi». Ida cercò di mandarlo via, sostenendo che la sua presenza le avrebbe impedito di dormire, Dumas per tutta risposta sprofondò, beato, in una poltrona. Quandecco che si spalanca la porta del «cabinet» e ne esce, seminudo, Roger de Beauvoir, lamante di Ida prima che questa fosse impalmata da Dumas. «Cosa fate, qui!», esclamò Dumas, «Voi disonorate il tetto di un amico! Fuori!». Ma sentendo la pioggia battere furiosamente sui vetri aggiunse: «Non con questo tempaccio, nondimeno. Non vi caccerò come un cane. Accomodatevi qua, sulla poltrona e riscaldatevi al fuoco. Se ne riparlerà domani».
Dumas, che per lasciare il posto a de Beauvoir sera infilato nel letto di una Ida più a disagio che mai, non riuscì, però, a prendere sonno. Udendo il compagno di tante baldorie starnutire, battere i denti e trafficare con lattizzatoio per ravvivare il fuoco, sbottò: «Signor de Beauvoir, non voglio che con tutti quegli spifferi vi prenda un accidente. Venite qui, nel letto, al caldo, che diamine!». Il malcapitato, percorso dai brividi, non se lo fece ripetere due volte e lestamente prese posizione alla sinistra di Ida. Trascorsi pochi minuti i tre già dormivano il sonno dei giusti. Al risveglio, Ida e de Beauvoir rimasero immobili, schiacciati dallimbarazzo dal quale li trasse, magnanimo, Dumas. «Dei vecchi amici - bofonchiò - non possono altercare per una donna, ancorché legittima. Sarebbe stupido».
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