Cultura e Spettacoli

Dunne: "Così trasformo la vita in letteratura"

La scrittrice irlandese in Italia per presentare il suo nuovo bestseller annunciato: "La narrativa è pura finzione e le storie devono sembrare autentiche, non esserlo"

Dunne: "Così trasformo la vita in letteratura"

Milano - Catherine Dunne, autrice dublinese di grande successo, ricordiamo il bestseller La metà di niente, è una scrittrice naturale, che riesce a trasformare la letteratura in esperienza. Il suo ultimo romanzo, Se stasera siamo qui (Guanda), presentato ieri in anteprima al festival pordenonelegge.it, è la storia di quattro amiche Claire, Georgie, Maggie e Nora che si riuniscono dopo 25 anni di intimità condivise, tradimenti superati, differenze appianate. Per la prima volta, però, una di loro ha deciso di non partecipare al festeggiamento e questa defezione non potrà essere senza conseguenze. Ma al di là della trama, questo romanzo è una sorta di mitologia al femminile in cui le relazioni fra donne vengono scandagliate, analizzate, riportate a una fedeltà umana che trova un immediato riconoscimento. I suoi personaggi sono le nostre amiche, le nostre sorelle, le nostre madri ricalcate in una esperienza di reciprocità quotidiana che sorprende per intelligenza e sensibilità, oltre che per il raffinato lavoro artigianale con la scrittura.

Nora, Georgie, Claire, Maggie sono quattro donne molto diverse e ognuna di loro per qualche verso affascinante: può dirci qualche tratto del loro carattere, e qual è il personaggio che le somiglia di più?
«Effettivamente sono molto diverse fra loro, e cercare di creare una voce distinta, individuale e diversa per ciascuna di loro è stata una delle cose che più mi ha dato piacere nello scrivere questo romanzo. Mentre da un lato sono molto affezionata ai personaggi che ho creato, dall’altro mi sono assicurata di serbare un certo distacco da loro. In altre parole, volevo comprendere ciò che motiva le donne a comportarsi come si comportano. Non volevo approvare e né disapprovare le loro azioni, mi interessava invece presentare queste donne al lettore come esseri umani credibili, piuttosto che amabili, adorabili. Ammiro la personalità forte di Georgie, la gentilezza di Claire, la fedeltà di Maggie di fronte alle enormi difficoltà e l’istinto materno di Nora. Per contro, mi è difficile accettare la decisione di Georgie di abbandonare la sorella, come ha fatto. A volte sono impaziente con Claire perché non è riuscita a farla finita con Paul e a prendere in mano la propria vita. Volevo che Maggie la smettesse di essere vittima di suo marito e mi sono rallegrata quando ha trovato la forza di lasciarlo. Non mi piaceva la compiaciuta visione della vita di Nora e la sua incapacità di comprendere le vite altrui molto più confuse della sua. In altre parole, spero che siano risultate delle donne vive e complesse, con i loro lati d’ombra e le loro immense generosità. Suppongo che tutti, ognuno di noi abbia un po’ di queste donne nella propria personalità, ma non posso dire che una mi assomigli di più rispetto alle altre».

La sua è una storia di amicizia ma anche di tradimenti e di distacchi. L’amicizia porta inevitabilmente con sé anche il suo lato oscuro?
«Forse non è una cosa inevitabile, ma penso che sia normale che nelle amicizie di lunga durata ci possano essere segreti che gli amici si nascondono. Penso che il momento che definisce una amicizia sia la capacità di perdonare. Se qualcuno ci delude o ci ferisce, il nostro istinto è di andarcene via arrabbiati e di interrompere il rapporto. Spesso, tuttavia, vale la pena di tentare di comprendere e perdonare. Non per essere una vittima, naturalmente, ma per riconoscere che a volte c’è un conflitto di interessi e le persone tendono a comportarsi nel modo che ritengono migliore per sé. La motivazione principale è questa: se alla fine noi veniamo feriti, è solo una conseguenza, non un’intenzione da parte loro».

Il romanzo è strutturato attraverso capitoli che recano i nomi dei vari personaggi che parlano in prima persona, come un mosaico di punti di vista. In questo credo che ci sia la forza narrativa del testo. È come se sbirciassimo dentro la coscienza dei personaggi... sembrano storie già raccontate che ci arrivano da una sorgente di prima mano. È vero oppure è fiction?
«È finzione letteraria, fiction e sempre fiction! Sono molto contenta che le storie vengano percepite come autentiche, è il mio compito di scrittrice scrivere storie avvincenti. Creare le cose. Il posto adatto per l’autobiografia è l’autobiografia. Naturalmente, gli eventi nella vita di uno scrittore permeeranno la sua prospettiva, ma la fiction implica la creazione di qualcosa di nuovo, che trasforma un evento in narrativa, in creazione di storie in cui i lettori possano identificarsi».

I diversi fili che compongono la storia sono tenuti insieme da una capacità affabulatoria che fa scomparire un tema, per poi farlo riapparire, e così via - quella che in psicologia si dice «permanenza dell’oggetto» - affascinando sempre il lettore. Quanto prepara il plot della storia prima di scriverla?
«Faccio un grande lavoro di riflessione prima di cominciare a scrivere. Il compito maggiore con questo romanzo è stato tenere ognuna delle quattro donne ben separate fra loro nella mia mente. Per riuscirci mi sono scritta delle note sul loro aspetto, le loro infanzie, le loro famiglie. Nella stesura finale di tutto questo lavoro non appare nulla, o molto poco, ma mi ha aiutato a capire cosa rendeva le quattro protagoniste differenti fra loro. Una volta fatto questo, la trama ha iniziato a svilupparsi automaticamente. Avevo delle linee generali, ma la trama cambiava e si sviluppava mentre scrivevo la storia di ogni donna. Mi sono concentrata su ognuna di loro separatamente, in una prima fase, e poi ho intrecciato le loro vite più strettamente che ho potuto, a volte ripetendo lo stesso evento da quattro diversi punti di vista. Ero consapevole della necessità di tenere la suspense. Nei miei romanzi non succedono quasi mai cose sconvolgenti! Non ci sono guerre, né terremoti, né serial killer.

Ci vuole molto tempo per fare in modo che la vita quotidiana sia degna di diventare una storia, ma questo fa parte del processo di scrittura».

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