Giù le mani dai bambini. Ma soprattutto dalla loro testa. Non cè infatti peggior abuso di quello, in genere commesso dai genitori, quando scommettono fin dalla più tenera età sull'intelligenza dei loro pargoli, e sugli straordinari risultati che essa inevitabilmente produrrà sulla loro vita. La caccia al genio ha toccato ora un nuovo primato: ha infatti solo due anni il piccolo inglese a cui è stato già misurato il Qi, quoziente d'intelligenza, risultato uguale a 160, come quello di Einstein. Oscar Wrigley è solo l'ultimo innocente sottratto al mondo fatato e misterioso dell'infanzia, e gettato in quello delle misurazioni, dei calcoli sull'intelligenza e delle speranze di grandezza su di essa spericolatamente costruite.
Questo è, infatti, il danno maggiore che tocca al genio precocemente identificato come tale: il furto dellinfanzia e della sua naturalezza. Il genio riconosciuto non riesce più ad essere ingenuamente intelligente, come sarebbe se lo lasciassero in pace. Egli si accorge che le sue frasi vengono memorizzate dai genitori, che le ripeteranno ad altri come prova del suo genio: ciò lo fa sentire un sorvegliato speciale, che deve stare attento a quel che dice, perché può finire sui giornali, come il piccolo Oscar, o, se va bene, reclamizzato presso parenti e conoscenti come il genio della famiglia. Per un bimbo normale, come in genere il genio è (intelligenza a parte), ciò non è affatto gratificante: egli sente lo sguardo e l'attenzione morbosa degli adulti su di sé, sul suo linguaggio, sui suoi giochi, sulle sue relazioni con gli amici, che spesso lo mollano, infastiditi dal fatto che gli adulti considerino lui diverso e migliore. Si sente una scimmietta ammaestrata, un po come i bimbi di una volta, che a Natale dovevano recitare la poesia imparata a memoria; poi però quel giorno passava, e loro recuperavano una certa pace. Questi invece devono sempre dire delle cose straordinarie, o così temono. L'abuso degli adulti sul fanciullo geniale, che non viene punito da nessuno e anzi è organizzato per solito dalla famiglia e poi amplificato dai media, e dalle istituzioni culturali che si contenderanno il bimbo, lo fa sentire invaso e ormai fatalmente diverso dagli altri coetanei, proprio come si sentono i bimbi abusati. Più tardi, racconterà allanalista questo furto della sua integrità infantile, cercando di ritrovarla dentro di sé.
I più svelti a dire il vero, si accorgono delle aspettative dei genitori sulla loro intelligenza, e se la tengono per sé. Sanno leggere perfettamente, ma non lo danno a vedere, per rinviare il momento tragico della proclamazione del fanciullo prodigio con annesse misurazioni di intelligenza. Ma la maggior parte soccombe.
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