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Durissima reazione del governo Olmert che prepara la rappresaglia facendo attaccare con navi, aerei e artiglieria le vie di comunicazione a sud della capitale Aggressione a Israele, bombardato il Libano I guerriglieri hezbollah uccidono otto soldati di Ge

Il governo di Beirut respinge ogni responsabilità. Nei campi profughi palestinesi scene di giubilo per la cattura dei militari

Gian Micalessin

Per Tsahal, l’esercito d’Israele, è stata la giornata più nera degli ultimi quattro anni. In un giorno solo ha perso dieci soldati, due rapiti, tre caduti sotto i colpi dei guerriglieri di Hezbollah, altri cinque dilaniati dall’ordigno esploso al passaggio di uno dei tank con la stella di David penetrati nel sud del Libano. Perdite pesanti, gravide di conseguenze per il governo di Ehud Olmert, chiamato a decidere su una rappresaglia che rischia di colpire a morte un Libano appena uscito dall’occupazione siriana. Quelle perdite fanno invece cantare vittoria ai capi della guerriglia sciita che controlla il sud del Libano e siede con un suo ministro all’interno del governo di Fouad Siniora.
«I due soldati torneranno a casa solo attraverso trattative indirette e solo dopo uno scambio di prigionieri», dichiara in una conferenza stampa organizzata poche ore dopo il rapimento il carismatico capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah. «Voglio ringraziare i nostri combattenti, baciare le loro fronti e le loro mani perché questa è l’unica via - aggiunge Nasrallah - per ottenere il rilascio dei prigionieri libanesi detenuti in Israele».
Nasrallah guarda ovviamente ben più lontano. Colpendo al cuore Israele, tenendolo sotto il ricatto di un nuovo rapimento, lui e il suo movimento confermano la loro reputazione di grandi nemici d’Israele, di unica organizzazione capace, in 60 anni di conflitti mediorientali, di contrapporsi militarmente a Tsahal e allo Stato ebraico. Una reputazione conquistata e mantenuta anche grazie all’appoggio e alle forniture di una Repubblica islamica sempre vicina al movimento degli sciiti libanesi.
Con i due prigionieri israeliani in mano, Hezbollah e i suoi protettori sognano ora di manovrare anche la questione palestinese chiedendo il rilascio di migliaia di prigionieri catturati a Gaza e in Cisgiordania. Lo scacco matto, studiato con cura e pazienza, va in scena poco dopo le nove di mattina sulla linea di demarcazione in cui s’intersecano i confini di Siria, Israele e del Paese dei cedri. Lì, non lontano dai territori contesi delle fattorie di Sheeba, una Humvee israeliana è impegnata in una ricognizione di routine. Poco prima, dalla parte israeliana sono cominciati a piovere colpi di mortaio e katiuscia. Probabilmente sono colpi di copertura per favorire l’infiltrazione della pattuglia di Hezbollah incaricata di mettere a segno l’agguato.
Quando i primi soccorsi raggiungono il luogo dell’imboscata l’Humvee, centrata da almeno due colpi di Rpg, è un rottame carbonizzato. Intorno ci sono tre cadaveri in divisa. Almeno altri due militari, quasi certamente feriti, sono stati portati via dagli assalitori. L’esercito, con un piano di reazione sempre pronto in caso di rapimento, attraversa in forze il confine nel tentativo di rintracciare i due uomini catturati. Mentre i tank avanzano lungo i sentieri del meridione libanese, i cacciabombardieri distruggono un ponte e martellano le principali vie di comunicazione oltre le linee d’avanzata delle proprie truppe per impedire la fuga ai guerriglieri.
Ma anche qui le cose non vanno bene. Gli Hezbollah, i primi a sviluppare in 20 anni d’occupazione i micidiali ordigni comandati a distanza, colpiscono di nuovo. Un carro esplode, i quattro soldati all’interno muoiono carbonizzati. Un quinto viene ucciso poco dopo.
Intanto però i colpi d’obice appoggiati dalle cannoniere della marina e le incursioni degli F16, destinati a rompere le linee di comunicazione tra Beirut e il sud del Libano, fanno piazza pulita anche delle postazioni di Hezbollah uccidendo anche due civili. A metà pomeriggio l’incursione di due cacciabombardieri in volo verso nord sulla regione di Zaharani, lungo la costa del Mediterraneo. E in serata un raid aereo ad appena 16 km a sud di Beirut, bombardando una base di militanti palestinesi.
Nella banlieu meridionale di Beirut, dominata da Hezbollah, e nel campo profughi di Ein al Hilwa, culla delle organizzazioni palestinesi più radicali, impazzano i festeggiamenti per la cattura dei due soldati israeliani. Gli adulti sparano raffiche di kalashnikov in cielo, le donne urlano di gioia, i bambini lanciano e raccolgono caramelle. Ma il governo di Fuad Siniora riunitosi in serata declina, nonostante le minacce israeliane, ogni responsabilità.

Per Siniora e i suoi ministri l’esecutivo non era al corrente dei piani di Hezbollah.

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