da Haifa
Il programma della signora Tzipi Livni non era dei più complessi. Una visita ad Haifa, una passeggiata con Jan Egeland per illustrare al vice segretario dellOnu la sofferenza inflitta al nord del Paese dallo stillicidio di missili e katiuscia del Partito di Dio. La tragedia dellavamposto di Khyam, la morte di quattro osservatori dellOnu dilaniati martedì notte da un missile israeliano, rende tutto assai più difficile.
Nelle quattro ore al fianco di Egeland il ministro degli Esteri israeliano diventa il carnefice accanto alla propria vittima. Le accuse sono pesanti, serie e circostanziate. LOnu riferisce di 14 precedenti esplosioni di bombe daereo o proiettili dartiglieria nei pressi di Khiyam. «Alle 18.30 quattro proiettili di artiglieria israeliani - precisa il rapporto - avevano colpito linterno della posizione, causando vasti danni».
Il tenente colonnello irlandese John Molloy, ufficiale di collegamento tra le forze Onu e lesercito israeliano, denuncia responsabilità ancora più gravi per luccisione dei quattro militari di nazionalità canadese, austriaca, cinese e finlandese. Riferisce di aver contattato per sei volte gli israeliani, di averli ripetutamente esortati a non tirare così vicino. La signora Livni, di fronte a quel diluvio di accuse, abbassa la testa, ripete ai giornalisti quanto già detto dal primo ministro Olmert. «Non è stato, non può essere definito un attacco deliberato, non abbiamo mai preso di mira lOnu, azioni come queste non rientrano né nelle nostre intenzioni, né nella nostra politica, in guerra gli errori possono succedere». E come ha già fatto Olmert non tralascia di attaccare il segretario dellOnu, colpevole di aver descritto come «attacco deliberato» quello che per Israele è solo un incidente.
Per la signora Livni quelle accuse sono «più che irritanti». «Abbiamo aperto unindagine. Desidereremmo che Kofi Annan ci consideri dalla sua parte. Noi stiamo con lOnu, e come lOnu combattiamo la minaccia nucleare iraniana e chi vuole seminare il caos in questa regione».
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