E adesso arriva pure la tassa sulle bibite dolci

Francia, nuova norma antiobesità. Le bevande con lo zucchero più care dell’1 per cento. Protesta dei cittadini: "E' un nuovo salasso etico"

E adesso arriva pure 
la tassa sulle bibite dolci

I francesi questa volta hanno battuto gli inglesi, la tassa sulle bibite zuccherate l’hanno messa prima loro. Non è una gran tassa: è una maggiorazione dell’uno per cento con la sola eccezione dei succhi di frutta e dell’acqua minerale aromatizzata: roba francese, da noi non si beve. Ovviamente fioccano polemiche, e fa discutere anche la filosofia di fondo: la propensione a orientare gli stili di vita della gente guadagnandoci anche dei soldi.

Gli inglesi parevano all’avanguardia grazie all’annunciata decisione di mettere gli obesi e gli alcolisti e i fumatori agli ultimi posti delle liste sanitarie, o quantomeno in coda a pazienti con uno stile di vita reputato più accorto e quindi meno socialmente costoso. Da anni si discuteva anche dell’idea d’introdurre una tassa su tutti gli alimenti che determinassero un alto livello di obesità, ma l’hanno spuntata i cugini d’oltremanica.

Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ventilava da anni di imporre forti limitazioni al contenuto di zucchero e grassi in alcuni prodotti dei quali avrebbe limitato, si diceva, anche la pubblicità. Morale: la campagna mondiale contro il grasso, ritenuto la seconda causa evitabile di morte dopo le sigarette, si avvia alle medesime tonalità allarmistiche della crociata contro il fumo, con gli anglosassoni appunto all’avanguardia. Ma i francesi ci lavoravano da tempo: è da anni che hanno deciso di vietare le cosiddette merendine durante la ricreazione scolastica del mattino, abitudine consolidata dal Dopoguerra: alle 10 e 30 c’era lo spuntino istituzionale, ora non più. Il ministero l’ha definito dannoso, causa di obesità infantile. Non solo: i distributori automatici sono stati aboliti.

Quisquilie, in confronto agli Stati americani dove il peso dei bambini è da anni un voto sulla pagella: le autorità scolastiche sono tenute a pesare gli studenti e a indicare l’indice di massa corporea (rapporto tra peso e altezza) sicché la mole fisica è divenuta giocoforza un merito o un demerito. E questo, notare, in una civiltà che è sempre spiccata per la salvaguardia delle libertà individuali, e non certo per modelli di riferimento tipo il Gesundheitsplifcht nazista, ossia il «dovere di mantenersi sani» già caro al noto salutista vegetariano Adolf Hitler.

Esagerazioni? Può darsi, ma vietare e guadagnarci sta decisamente piacendo. Il sindaco di Londra, si sa, ha dichiarato guerra ai famigerati e inquinanti Suv, le berlinone confortevoli che circolano soprattutto in città: in virtù della tassa sul traffico (congestion charge) pagano 33 euro anziché 11 come tutti gli altri. Ken Livingstone, che è appunto il sindaco, dichiarò ufficialmente: «Quando si vede qualcuno andare con un Suv nelle vie di Londra, si è obbligati a pensare che sia un vero idiota». E non è solo. In diverse città della Francia opera un gruppo eco-terrorista che danneggia i Suv parcheggiati. Il presidente della confederazione elvetica vuole cacciare tutti i Suv da ogni strada. In California c’è addirittura un gruppo evangelico che ha coniato questo slogan: «Ma Gesù guiderebbe un Suv?». Ed eccoci in Italia, lo ricorderete: la prima soluzione prospettata dal ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, fu ovviamente una tassa. Non se ne fece nulla (a parte i divieti di circolare laddove già c’erano) ma fu più per confusione governativa che per carenza ideologica. Che resta da tassare? Tutto, visto che in teoria fa tutto male. Caffè, carne, formaggi, alcolici, dal buondì al lardo di colonnata. Quando l’etica si sposa con nuovi possibili balzelli, c’è da aspettarsi di tutto. Il quotidiano Sunday Star-Times, tempo fa, titolò così: «Tassa sulle flatulenze preoccupa i contadini».

Il governo neozelandese stava considerando di imporre un balzello sui peti di ovini e bovini (60 dollari a capo) perché le flatulenze emettono metano che rovina l'ambiente. Quando dalle mucche si passerà all’uomo, è la volta che in Italia si risanerà il deficit.

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