E adesso la destra si innamora di filosofi marxisti e miti dell’operaismo

Se c’è una cosa che si dovrebbe radere al suolo sono i pantheon. Quelli culturali soprattutto. Costruiti pensando a dei templi dove venerare intellettuali dis-organici imprescindibili, finiscono per rivelarsi disordinati mercatini dell’usato intellettuale in cui accatastare curioso reperti del pens-à-porter. E tra i tanti pantheon culturali, quello del Secolo d’Italia ultimamente sembra essere il più affollato, e confuso.
Ieri il quotidiano già organo ufficiale del Movimento sociale italiano e poi di Alleanza nazionale ci ha spiegato «Perché è utile leggere Tronti a destra» - Tronti? A destra? Adesso? -, rivendendo a buon mercato il teorico dell’operaismo radicale degli anni Sessanta, un filosofo comunista non pentito che vuole rinnovare il marxismo tradizionale per riaprire la strada rivoluzionaria in Occidente.
Qualche giorno fa il Secolo ci ha consigliato la lettura dell’ultimo saggio di Slavoj Zizek, rockstar della filosofia portatile, fiero e arrabbiatissimo comunista sloveno anti-borghese e anti-capitalista che ritiene necessarie - oggi - la ripresa e la rivalutazione di «certo» Marx e di «certo» Lenin.
E poco tempo prima, sempre il Secolo si era guadagnato da Alberto Asor Rosa - la Stalingrado vivente del comunismo italiano, il professore che si rifiuta di mettere Marx in soffitta e considera il governo Berlusconi senza ombra di dubbio «il punto più basso nella storia d’Italia, più del fascismo» - una lettera di ringraziamento per le lusinghiere recensioni degli ultimi suoi libri, snobbati a sinistra ma finemente capiti a destra.
Già archiviati dalla Sinistra e ripescati a Destra, diverte vedere sventolare dalle pagine del Secolo d’Italia gli ultimi scampoli archeo-ideologici del comunismo, malcuciti patchwork intellettuali che la Storia ha messo in svendita da tempo e che un raffinato ma ozioso esercizio intellettuale vuole rimettere in circolazione nel circuito dei Remainders delle idee.
Mario Tronti, l’eretico più organico del Pci, con la pubblicazione di Operai e capitale, testo culto del 1966 (inopinatamente inserito tra le 2250 opere del Dizionario della Letteratura Italiana dell’Einaudi curato da Asor Rosa...), tenne di fatto a battesimo il gruppo di Potere Operaio guidato da Franco Piperno e Toni Negri cedendo in uso gratuito alla più ideologizzata e agguerrita banda della galassia extraparlamentare gli slogan di quella «ribellione suprema» che riconosceva negli operai «una rude razza pagana, senza morale né ideologia, né religione» e che aveva il rifiuto del lavoro come forma di lotta primaria contro il capitalismo. «Conosce veramente solo chi veramente odia», scrisse Mario Tronti: l’estrema filiazione dell’hegelismo di sinistra applicato alla lotta di classe. E furono tempi furiosi e per nulla innocenti... Filosofo ampiamente sopravvalutato che ora piace a Destra perché passando dalla rivoluzione operaia alla rivoluzione conservatrice è stato tra i primi a portare a Sinistra Carl Schmitt e Ernst Jünger, Mario Tronti ha sognato - senza pentirsi - una classe operaia che deve impadronirsi dello Stato per estendere il proprio dominio su tutta la società. Come ha notato qualcuno: l’obiettivo non è una società più libera e democratica, ma il potere per il potere. Lenin più Nietzsche...


Per fortuna c’è Slavoj Zizek, filosofo post-marxista animato da un perenne afflato rivoluzionario, curatore entusiasta degli scritti rivoluzionari di Robespierre e di quelli politici di Mao Zedong, pesantemente scettico sul concetto di democrazia, «diventata un tale spettacolo che non è il caso di prenderla seriamente», profeta di un furente neo anti-capitalismo e ossessionato dal cristianesimo come «la più perversa delle religioni». Un «fascista di sinistra» che nel pantheon della Destra, niente da dire, fa un figurone.
E il prossimo, chi è?

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