E Ancelotti difende Ronaldinho: «Mica è un fannullone...»

C’è la super sfida, ma si parla del brasiliano: «Allenarlo m’intriga, non conosco la sua vita privata. Né attaccante né trequartista: trecante»

nostro inviato a Milanello

Si chiama Juve-Milan, uno degli ultimi spareggi rossoneri per saltare sul vagone di coda della Champions ma si legge calcio-mercato sfrenato. A dispetto delle attenzioni di Carlo Ancelotti, domina la scena più che la sfida classica, depurata dei veleni recenti («non c’è più traccia dei brutti pensieri di una volta» la confessione del tecnico), il dibattito sui nuovi arrivi, gettonatissimo. Un nome su tutti, naturalmente: Ronaldinho sul conto del quale Ancelotti conia anche un neologismo, «non è un trequartista, né un attaccante puro, è un trecante», perfetta crasi tra i due ruoli. «Io e la società, da sempre, siamo in perfetta sintonia sulle scelte» la dichiarazione impegnativa con cui Ancelotti prova a cancellare dal cielo di Milanello le nuvole. Non tanto per Ronaldinho quanto per il ritorno del figliol prodigo Shevchenko, dato per sgradito all’allenatore, protagonista di un colloquio telefonico chiarificatore con l’ucraino. «L’ho sentito molto motivato a tornare da noi» la frase infarcita di una battuta («torna perchè suo figlio ha disimparato l’italiano»). «È sbagliato dire che sono contro l’arrivo di Sheva» scolpisce Carletto per una volta con ghigno feroce. E al cronista che obietta «però...» risponde secco: «Senza però». La morale, come usa dire, è una sola. E la sintetizza quel volpone di Silvano Ramaccioni: «Berlusconi e Galliani centreranno la loro offerta».
Dato per scontato che Ronaldinho può essere da oggi considerato il primo “trecante” del Milan futuro, forse è il caso di registrare anche la difesa d’ufficio di Ancelotti sulla fama di fannullone attribuita al discusso brasiliano del Barça. «Considero intrigante la possibilità di allenarlo. Non conosco la sua vita privata, al pari di quella di Kakà, considerato un bravo ragazzo. Io non lo so, giudico dal campo, come mi capitò ai tempi quando si presentò un giocatore in smoking e mi disse che quella mattina non si sarebbe allenato, era reduce da una brutta serata, era un difensore però» l’altro particolare concesso da Ancelotti che finisce con l’alleggerire il clima di un venerdì cominciato male sotto il diluvio durante l’allenamento e proseguito peggio per le notizie provenienti da Roma (reclamo respinto per Nesta), sia per il mancato recupero di Pato simbolo di un contrasto insanabile tra staff tecnico e sanitario («io alleno solo quei calciatori che mi vengono messi a disposizione» riferimento a Jankulovski, operato il 30 ottobre e non ancora utilizzabile).
Così dello spareggio con la Juve, definita da Galliani ultima spiaggia per la contemporanea presenza di altri due snodi (Udinese-Roma e Inter-Fiorentina di domenica), restano le briciole di un venerdì umido e appiccicaticcio. E cioè la difesa convinta del lavoro di Ranieri («mi sembra abbia un ottimo rapporto con la società»), la valorizzazione di Del Piero («per come sta giocando merita un posto all’europeo») e l’assoluta indifferenza rispetto al battage pubblicitario allestito intorno a Mourinho («non mi disturba, ho il contratto fino al 2010 qui»).

In uno scenario così distratto, passa quasi in secondo piano l’emergenza milanista costretto a ricorrere a Simic terzino e al recupero di Favalli per fare a meno degli squalificati Nesta e Kaladze. «Se siamo al massimo, possiamo vincere» è l’ottimismo dichiarato di Ancelotti. Ma forse più del posto in Champions conta il mercato.

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