In una perquisizione ordinata dai giudici, hanno trovato a casa mia una misteriosa tuta nera col numero 36, un mantello e un cappuccio sturacessi da Capitan Ventosa, un paio di calosce da guerra, una clava e un ventilatore portatile ancora sporco di letame. Ho dovuto confessare agli inquirenti che è la divisa assegnata a me e ad altri 35 militi del Giornale dalla Struttura Delta per appostarci, insultare e sporcare Bocchino. Ho dovuto anche svelare perché siamo in 36 a fare stalking contro di lui: siamo divisi in 6 squadre da 6 e ci alterniamo in turni di 4 ore sotto casa, sotto il Parlamento e a volte sotto il letto. Lo minacciamo, lo molestiamo, gli palpiamo le chiappe, gli telefoniamo in continuazione, gli attribuiamo atrocità su Sara, Yara e Mara, ci imbuchiamo ovunque. Collaborano con noi i servizi segreti deviati di Dagospia. Ogni sabato la Struttura Delta ci dà la paga, misurata col bocchinometro; siamo pagati in base ai danni che produciamo a Bocchino. Facciamo apposite riunioni ad Arcore, ci mostrano sulla lavagna luminosa il Bocchino e i suoi punti deboli, facciamo simulazioni di agguato. C’è chi ha studiato da killer, chi da cane da caccia, io da privatista. Ho seguito corsi per corrispondenza «Black Boc», che in codice significa «fare nero Bocchino».
Ho confessato ai giudici che non ho mai dedicato un articolo o anche mezzo al Bocchino, ma solo qualche fugace accenno di passaggio. Ho dovuto ammettere di non aver mai studiato il pensiero di Bocchino, l’uomo e l’opera. Né conosco suoi proseliti; conosco qualche bocconiano, ma nessun bocchiniano. Però Bocchino querela per diffamazione anche se lo citi solamente. Bocchino a me? Ma io ti querelo. Mi chiedo che precedente si creerebbe se i magistrati prendessero sul serio la denuncia di Bocchino: da Berlusconi ai suoi ministri, dallo stesso Fini ad Alemanno, a tanti personaggi non solo di primo piano ma anche di secondo piano, di mansarda e sottoscala, visto il precedente, denuncerebbero i giornali che li criticano di perseguitarli e molestarli. Ora sono pronto a scrivere un articolo riparatore su Italo Bocchino statista e a sostenere che l’Italia si chiama così in suo onore.
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