da Roma
Non solo gli alleati, ma anche gli sponsor economici si sono stancati delle bizze di Romano Prodi. La resa del Professore, infatti, è legata a un incontro riservato avvenuto mercoledì tra Piero Fassino, Romano Prodi e Giovanni Bazoli. Il presidente di Banca Intesa, che è anche uno dei kingmaker del centrosinistra, ha dato un preciso messaggio al Professore: non cè più tempo né spazio per procedere con bizantinismi, polemiche e inutili tatticismi. Prodi deve iniziare a fare il leader dellalleanza, e accontentarsi della candidatura a premier. Lasci perdere le guerre a Rutelli, i progetti di partiti e liste personali: forte della sua autorevolezza, Bazoli (che mercoledì ha partercipato anche ad una cena con Rutelli a casa di Carlo De Benedetti) avverte il Professore che continuando su questa strada rischia di essere abbandonato al suo destino. Poco dopo arriva un altro messaggio molto simile nei toni e nei contenuti. Lo porta Antonio Maccanico, gran tessitore di rapporti e alleanze oltre che ambasciatore dei «salotti che contano».
Con il «braccio di ferro» tra Prodi e Rutelli lUnione ha dimostrato unallarmante fragilità. E i «grandi azionisti» del centrosinistra mostrano una crescente irritazione. Prodi capisce che il tempo è scaduto davvero e così si concretizza in poche ore il «grande sacrificio» del progetto ulivista. Alla decisione contribuisce il fatto che Massimo DAlema capisce che è arrivato il momento di smarcarsi dal Professore, di abbassare i toni contro la Margherita e in generale di chiudere la partita con i Dl tentando di ottenere un punto di equilibrio il meno doloroso per tutti, anche per lui. Che dellappoggio della Margherita avrà comunque bisogno, se vorrà ad esempio «candidarsi», come ha detto, a presidente della Camera. Così si giustifica la «sorprendente» presenza del presidente Ds accanto a Piero Fassino allincontro con Prodi e Arturo Parisi. Il quale contava di trovare a quel tavolo la sponda del presidente ds, e invece ha ascoltato incredulo laut aut proprio dalle sue labbra: «Romano, se fai la scissione e Rutelli chiede la tua testa, noi non potremo coprirti». Alla riunione si consuma «il sacrificio». Prodi ormai ha capito: «Parisi non vale una messa», è la battuta che gira dalle parti rutelliane, soprattutto la messa di Palazzo Chigi. In un attimo spariscono le liste unitarie, la «Lista Prodi», la difesa ad oltranza dei «fedelissimi». E così, quando Prodi ieri mattina si trova faccia a faccia con un soddisfattissimo Rutelli lo spirito è tuttaltro che battagliero. Anzi, il Professore fa «lamicone» e incassa nullaltro che la morte dellUlivo. Date le premesse, sul piano delle garanzie per i prodiani il bottino finale è magrissimo. Prodi «strappa» il mantenimento degli attuali collegi: 11 alla Camera e 12 al Senato. Su invito del Professore, la direzione dei Dl convocata da Rutelli il 21 giugno per rendere irrevocabile la scelta di correre soli nel proporzionale è rinviata. Parisi parla di «disagio non superato» nei rapporti interni, e reclama «risposte chiare» da Rutelli sulla linea politica. Ma il gruppo dei prodiani sta rivivendo la sindrome dabbandono del 99, quando Prodi fondò lAsinello e poi lo mollò al suo destino per andare alla Commissione Ue.
Quanto a Fassino, il leader della Quercia è assieme a Francesco Rutelli il vincitore della partita: sono loro, a questo punto, i due timonieri dellUnione. Ma ha pagato un prezzo anche lui: «Ha perso loccasione della sua vita, poteva essere lui il candidato premier, col nostro appoggio», sussurrano i Dl. I quali sospettano anche che DAlema abbia appoggiato lultimatum al Professore proprio per evitare questo scenario: il segretario ds a Palazzo Chigi renderebbe assai più difficile per lui ritagliarsi un ruolo di primo piano.
Lunedì il vertice dei partiti con Prodi sancirà laccordo, e deciderà la data delle primarie. Si parla dellautunno, probabilmente ottobre. Con che regole ancora non si sa, ma si parla molto di «modello pugliese»: chi si presenta vota, previo versamento di una quota e dichiarazione di essere elettore del centrosinistra. Per Fausto Bertinotti si tratta di un magnifico assist mentre per i Ds di un nuovo problema: lo spettro del duello «Boccia-Vendola» spaventa non poco la Quercia, consapevole che su di lei dovrà giocoforza pesare il grande sforzo di mobilitazione per portare voti a Prodi in una sfida che rischia di favorire Bertinotti, maggiormente radicato sul territorio e nei movimenti. Anche perché la Margherita difficilmente si impegnerà in una contesa che né le appartiene, né le interessa.
Ma questo non è il solo problema da risolvere nellUnione. Ora bisognerà trovare una soluzione per «quelli che non superano lo sbarramento», ovvero Sdi, Verdi, Udeur, Italia dei Valori e Comunisti Italiani.
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