E Berlusconi tornò premier pure ai rigori

Uno osserva i due falli commessi, da Modesto e Vigiani, su Kakà e Seedorf, a distanza di una manciata di minuti, nel primo tempo di Milan-Reggina, prende nota dei rigori fischiati da Farina e gli scappa una battuta in tribuna-stampa: «Doveva stravincere le elezioni Berlusconi per vedere due rigori a favore del Milan!». La politica non c’entra, naturalmente, le commistioni tra calcio e verdetto elettorale sono sempre sgradevoli, ma forse c’è un pizzico di verità in questa provocazione che da oggi circola ufficialmente tra i tifosi milanisti. E non tanto perché nella circostanza si sia trattato di un trattamento di favore riservato ai berlusconiani. Anzi: due falletti canonici, nemmeno eclatanti ma chiari, limpidi, trasparenti, uno di Modesto, l’altro di Vigiani che prende per il collo e per la maglia Seedorf come si usa fare sul campetto parrocchiale. Tutto giusto, perciò. Farina, tra l’altro, arbitro di discutibile talento, il solito permaloso, non è tipo da farsi condizionare. A un certo punto se la prende con Cafu, lo ammonisce e lo castiga anche per falli non commessi. È vero, non s’accorge di un «mani» di Kaladze sul 3 a 1, ma si tratta di una infrazione difficile da cogliere, in area di rigore, per via del contatto ravvicinato tra il difensore e Amoruso.
Il punto, allora, è un altro. Il Milan ha subito, protestando a volte, tacendo in altre, l’anno passato (sgabbiò dal meno 8) e in questa stagione una grave e ripetuta penalizzazione. Gli arbitri lo hanno maltrattato brutalmente. Non gli hanno fischiato a favore rigori doc (contro il Toro, contro l’Atalanta, contro l’Inter, contro l’Empoli, contro il Palermo), gli hanno annullato gol buoni e cacciato via atleti alla prima protesta (Nesta contro l’Atalanta, due turni di squalifica), non gli hanno perdonato una sola debolezza. All’improvviso, contro la Reggina, d’accordo, non contro la Roma, finisce il vento contro e la squadra incassa il dovuto.

Lo strepitoso risultato elettorale del 14 aprile non c’entra, d’accordo, ma gli arbitri, lo ricorda Cesare Gussoni, presidente del settore, sono italiani e «gli italiani sono abituati a salire sul carro del vincitore». Come dire a pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca.

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