E la Bindi si sfoga alla buvette: «Quei candidati? Sono inutili»

Il ministro della famiglia confessa: «Le figure-simbolo scelte da Veltroni non ci porteranno un voto in più»

da Roma

Quattro chiacchiere alla buvette di Montecitorio per cercare di fare un po’ di chiarezza sulle candidature del Pd. D’altra parte, che ci sia più d’uno scontento all’interno del Partito democratico non è certo una novità, al punto che nei giorni scorsi pure un big come Arturo Parisi non aveva esitato a chiedere pubblicamente lumi sull’uscita pro-Mastella della new entry Massimo Calearo. «Anche io come Calearo - ragionava il ministro della Difesa - sono stato proposto come capolista del Pd, seppure in un’altra regione, e dunque non posso far finta di non aver sentito». Polemica chiusa? Macché.
Tanto che la scorsa settimana la questione delle liste è stata oggetto di una chiacchierata informale tra il ministro Rosy Bindi e Pierluigi Mantini, deputato margheritino non troppo felice della posizione assegnatagli nelle liste Camera della Lombardia. Dove, guarda un po’, al numero uno c’è un altro dei giovani arruolati da Walter Veltroni nel tentativo di lucidare l’immagine del Pd: Matteo Colannino. Sulle perplessità di Mantini, peraltro parisiano, il ministro della Famiglia preferisce però glissare. Perché, spiega a Mantini in una buvette semideserta, «sai come è fatto Walter... ». Secondo il leader del Pd, ragiona la Bindi, «a parte due o tre personalità», «questo o quel candidato non cambiano nulla e non spostano voti». Più che altro, insomma, i nomi-bandiera «servono ad agitare un po’ le acque» ma poi «nessuno si aspetta che possano davvero dare un particolare contributo».
Insomma, la scelta dell’ex presidente di Federmeccanica Calearo e quella dell’ex numero uno dei giovani di Confindustria Colannino non ha altro obiettivo che attirare l’attenzione dei media e far sì che il Pd si lasci alle spalle l’immagine di un partito che non ha a cuore gli interessi delle imprese. Almeno stando alle spiegazioni fornite dalla Bindi al suo collega di partito. Che tra i parisiani non è certo l’unico a non aver gradito come la Bindi li ha rappresentati al tavolo delle candidature.
Il sottosegretario all’Economia Mario Lettieri, per esempio, lamenta di essere stato fatto fuori proprio «dal fuoco amico» del ministro della Famiglia che «non ha sostenuto» i parisiani e «ha svenduto la Basilicata a logiche inaccettabili». Quali? Be’, se non c’è stato posto per Lettieri (che non aveva neanche bisogno di una deroga sul numero di legislature) la Bindi è però riuscita a «piazzare il suo segretario particolare».

Insomma, spiega Lettieri, lei «come Franceschini e Fioroni» si è comportata «in un modo che non fa onore alla politica». Perché questo non è neanche più nepotismo ma «segretarismo». Dice Lettieri: «Il segno dei nostri tempi e del degrado della politica».

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