RomaQualcuno lo ha ribattezzato il «principio di Archimede». Nel senso che dopo settimane in cui la maggioranza è stata a disquisire di Mezzogiorno e di un Piano per il Sud era inevitabile che il Carroccio battesse un colpo e lanciasse al suo elettorato un segnale chiaro e ineccepibile. I colpi, però, questa volta sono stati due, perché alluscita di Bossi sullAfghanistan è seguita la querelle sui test di dialetto ai professori. Piuttosto forzata a leggere il testo dellemendamento - che non fa alcun riferimento alla conoscenza delle lingue dialettali - ma comunque sufficiente a scatenare le reazioni di quella parte della maggioranza che da tempo mal sopporta lattivismo leghista. Daltra parte, se il più recente caso Micciché è legato anche a una questione di poltrone, non è una novità che da più di un anno - seppure sottotraccia e senza far esplodere le tensioni - Fitto cerchi di mettere a freno gli entusiasmi del Carroccio sul fronte del federalismo fiscale (che infatti prima del via libera definitivo è stato a più riprese «ritoccato»).
Così, quando martedì è esploso il caso dei test di dialetto la maggioranza non padana ha levato gli scudi. FareFuturo, fondazione presieduta da Fini e diretta da Alessandro Campi, ieri puntava il dito contro la «propaganda politica» del Carroccio, mentre dalle colonne del Secolo dItalia Benedetto Della Vedova - deputato Pdl da tempo sulla stessa lunghezza donda del presidente della Camera - prendeva di mira Maroni e la politica anticlandestini del Viminale. Inutile ripetere cosa dicessero per i corridoi di Montecitorio i cosiddetti «sudisti» del Pdl.
Bossi, nel frattempo, sè reso conto che forse la Lega sè spinta un po troppo in là. È vero, infatti, che Roberto Cota ha spiegato ripetutamente ai colleghi della maggioranza che la vicenda è stata gonfiata dallatteggiamento di Valentina Aprea - la presidente della commissione Cultura che ha fatto esplodere il caso congelando la proposta leghista - e poi montata dai giornali. E deve avere più di una ragione il capogruppo leghista, visto che oggi su il Predellino.it (diretto da Giorgio Straquadanio, deputato Pdl ma in questo caso soprattutto consigliere del ministro Gelmini) si annuncia un pezzo piuttosto critico anche verso lAprea. Ma che il Carroccio si sia rimesso a giocare la partita «di lotta e di governo» è ormai piuttosto chiaro.
Guardando alle regionali del 2010, certo. Ma anche al futuro più immediato. Il caso Sud rischia infatti di invertire la rotta dellattività di governo dopo un anno in cui la Lega ha portato a casa sicurezza, federalismo fiscale, quote latte e - come diretta conseguenza - un ottimo bottino elettorale. Merito del Carroccio, certo, che in quanto a capacità e attivismo del suo gruppo dirigente non ha da invidiare niente a nessuno. Ma è chiaro che se la partita si spostasse sul binario di un Piano Marshall per il Sud in cui Berlusconi sia impegnato in prima persona i rischi di un qualche arretramento della Lega sarebbero concreti. Per dirla con le parole di un ministro padano, insomma, «visto che non si sa mai dove si va a parare noi mettiamo fieno in cascina...».
La «grandi manovre», per dirla con il vicepresidente dei deputati Pdl Osvaldo Napoli, «si apriranno però solo a metà settembre». Anche se la data non è stata ancora formalizzata, infatti, le elezioni regionali dovrebbero tenersi il 28 marzo e dunque relativamente presto. La guerra delle candidature, quindi, sarà nel vivo già ad ottobre e non è un mistero che la Lega punti in primo luogo alla Lombardia e poi al Veneto. Al punto che in vista delle amministrative dello scorso giugno più volte Giancarlo Giorgetti non ha fatto mistero con i suoi di ragionare «non sulloggi» ma «in vista del 2010». E dopo le province di Bergamo, Brescia, Como, Lodi, Sondrio e Varese al Carroccio manca solo il Pirellone per blindare definitivamente la Lombardia e conquistarsi un potere di interdizione politico non più legato solo al governo nazionale. Anche se bisognerà vedere se davvero la Lega la spunterà su Formigoni e sul possibile sostegno che lattuale governatore potrebbe avere dallUdc, intenzionato - spiega il deputato centrista Roberto Rao - a portare a casa alleanze «caso per caso a seconda del candidato». Un discorso, questo, che vale anche per il Veneto, dove gli uomini di Casini potrebbero voler correre con Galan mettendo veti su eventuali candidature padane. Ragioni per cui in molti nel Pdl danno più probabile la corsa di un leghista in Piemonte.
Insomma, anche se non ha torto Bonaiuti quando respinge con forza qualsiasi «visione apocalittica della maggioranza» e sottolinea che «la Lega è alleato responsabile», oggi il Carroccio inizia forse per la prima volta a temere di veder ridimensionato il suo ruolo nella maggioranza da una battente campagna del governo sul Sud. E lo fa presente. Con il rischio, fa notare il segretario del Pri Francesco Nucara, che con certe uscite «la Lega contribuisca a ridimensionare il peso politico del suo partito».
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