E Casini fa il duro: "L’Udc mai nel governo"

«Mai nel governo Berlusconi», dice Pier Ferdinando Casini. E Casini è un uomo d’onore. Ma bisogna anche intendersi su quello che può significare «mai» per uno nato e cresciuto democristiano. Allora si capisce che un «mai» ovvero «in nessun caso» potrebbe trasformarsi in «forse in qualche occasione». Magari in nome del bene del Paese.
Al momento Casini ha ottime carte in mano. L’implosione del Pdl gli ha dato modo di poter dire: l’avevo detto io che non poteva funzionare, rafforzando così la sua scelta di andare solo alle lezioni. E ugualmente l’indebolimento della maggioranza in Parlamento rende più preziose le sue truppe: 39 eletti alla Camera e 13 al Senato. Però le partite in corso sono tante e i tavoli sono tutti aperti. Una delle partite è quella che vede il centrista Michele Vietti candidato alla vicepresidenza del nuovo Consiglio superiore della magistratura. Un appoggio convinto all’elezione di Vietti da parte di membri laici e togati vicini al centrodestra potrebbe forse ammorbidire la posizione del leader Udc.
Ma soprattutto una volta nominato nell’organo di autogoverno della magistratura come membro laico Vietti decade dall’incarico di deputato e al suo posto verrà proclamato in Parlamento Deodato Scanderebech. Proprio quello Scanderebech che in Piemonte ha appoggiato la candidatura a governatore del leghista Roberto Cota, invece che quella di Mercedes Bresso, come indicato allora dall’Udc, con il quale infatti proprio in quella occasione ha rotto. Toccherà a lui, come primo dei non eletti nella lista Udc, sostituire Vietti aprendo un bel problema nell’Udc che già lo chiama «traditore».
Intanto Casini definisce «coniugato» se stesso e «blindati» tutti i suoi, dunque indisponibile ad accordi con l’attuale governo. Dice di voler rispettare gli impegni presi con gli elettori «che mi hanno collocato all’opposizione» e ribadisce di aver chiesto al premier Silvio Berlusconi di aprire una fase nuova. «Siamo pronti a impegnarci per un nuovo governo di responsabilità nazionale che affronti insieme i grandi problemi del nostro Paese - dice Casini -. Non ci interessa un governicchio per tirare a campare». Prende le distanze anche dalla proposta di Massimo D’Alema, che pensa a un governo tecnico per riformare la sola legge elettorale, perché ritiene che un eventuale governo di responsabilità nazionale dovrebbe fare molto di più affrontando anche «scelte che potranno essere molto impopolari». E per sostenere le sue tesi evoca addirittura san Tommaso d’Aquino: «Meglio zoppicare sulla strada giusta che correre su quella sbagliata, ora stiamo correndo su quella sbagliata». Dimostrato che «il Pdl non è la terra promessa» Casini vorrebbe che Berlusconi ma anche lo stesso Gianfranco Fini riconoscessero di aver sbagliato. Insomma il leader Udc vuole arrivare lì dove ha sempre puntato, dimostrando che il bipolarismo in Italia non soltanto non funziona ma in realtà non è mai veramente esistito ed invece l’unico governo possibile è ancora e sempre un governo di centro con le alleanze del caso.
Ma davvero il gruppo è così inattaccabile? Per ora sembra di sì.

Renzo Lusetti e soprattutto Dorina Bianchi avrebbero già fatto sapere di non essere disponibili al salto della quaglia. E ieri anche il senatore Salvatore Cuffaro, anche lui dato «in bilico», ha fatto sapere che è deciso a restare «convintamente nell’Udc».

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