E la cometa Rutelli non brilla più

Il presidente della Margherita sconfitto su Dico, rapporti con Usa e Confindustria. Il suo amico-nemico? Marini

T ra i fatti politici rilevanti di questi ultimi tempi, c’è senza dubbio la sconfitta strategica di Francesco Rutelli. Il vicepremier di Romano Prodi aveva conquistato su diversi fronti (il rapporto con gli americani, con la Chiesa, con Confindustria) un ruolo centrale nella Margherita e quindi nel futuro Partito democratico ma questo «ruolo» è stato sostanzialmente annichilito. Il ministro dei Beni culturali è diventato man mano ininfluente in ognuna delle partite su cui sino a poco prima interveniva da protagonista. Dopo lo scontro sulla base di Vicenza, aveva accusato quelli di Rifondazione di aver raggiunto il limite massimo della provocazione. Il suo ultimatum era stato accolto da pernacchie. E tutta la partita sulle relazioni internazionali (in cui Rutelli peraltro dispone di un uomo intelligente e prezioso come Gianni Vernetti, sottosegretario agli Esteri) è passata in altre mani: quelle demagogico-dissimulatorie di Prodi e Massimo D’Alema sul fronte del compromesso con Rifondazione. Mentre tra i campioni di atlantismo v’è piuttosto uno come Lamberto Dini che in passato aveva mostrato ben altre propensioni. Rutelli non conta più nulla.
Sui Dico Rutelli ha perso l’occasione della vita: quando i vescovi italiani avevano chiesto di evitare una proposta governativa, lui si era recato combattivo in Consiglio dei ministri per bloccare Prodi. Ma nel frattempo Dario Franceschini aveva raccolto un appello di sessanta parlamentari della Margherita per «la laicità» che aveva spiazzato completamente Rutelli. Questi, stordito, aveva accettato la linea di Palazzo Chigi. Così campione nel centrosinistra della causa dei vescovi sui Dico è diventato Clemente Mastella. E persino il mariniano Giuseppe Fioroni, ministro dell’Istruzione, scavalca un sempre più inutile Rutelli.
Sui rapporti con l’impresa il già sindaco di Roma aveva puntato molte carte: poi però nella partita delle liberalizzazioni si è fatto mangiare in testa dal ds Pierluigi Bersani. Ha protestato ed è stato sconfitto: solo alla fine ha capito che il ministro all’Industria pesava così tanto anche perché aveva trovato un accordo strategico con un Carlo De Benedetti, precedentemente grande sponsor dello stesso Rutelli. Anzi la forza del presidente della Margherita consisteva proprio nell’essere punto di riferimento sia del mondo intorno a Repubblica sia dei circoli montezemoliani e del Corriere della Sera. Persa questa centralità, è difficile contare su una Confindustria in cui persino la bella addormentata nel bosco Andrea Pininfarina si è accorta dell’inconcludenza e degli spiriti dirigistici del governo Prodi.
Che cosa rimane, ora, dell’antica centralità rutelliana nella Margherita e nel centrosinistra? L’appello di Maurizio Fistarol, già sindaco di Belluno, a costruire intorno a Rutelli un’area di innovatori liberal. Certo, per un po’ potrà contare ancora sull’appoggio di Linda Lanzillotta, che però è persona vispa non disponibile a stare a lungo con un perdente. Di Paolo Gentiloni, altro fedelissimo, tutti raccontano dei rapporti sempre più stretti con De Benedetti, che fanno pensare a medio periodo a un intruppamento con i veltroniani.
In realtà la vera domanda da farsi non è sul declino, ma sull’ascesa di Rutelli: come mai un politico che aveva preso una così brutta botta da Silvio Berlusconi nelle politiche del 2001, era riuscito a risorgere? Da dove aveva trovato energie, relazioni, idee per affrontare la clamorosa scalata di cui era stato protagonista tra il 2001 e il 2006, fino a riuscirsi a imporre a Prodi e a D’Alema come vicepremier, e a tenere a bada quel fantastico e instancabile organizzatore di partito che è Franco Marini? È l’ascesa, non la discesa il vero mistero rutelliano. E questa si spiega solamente con l’opera di un uomo: Paolo Mieli. Al contrario del suo antico maestro Eugenio Scalfari, che preferisce fare il suggeritore di quelli già affermati (Enrico Berlinguer, Ciriaco De Mita, e oggi Prodi), il direttore del Corriere si pensa più come scopritore di talenti e riciclatore di caduti. Così ha montato la testa al povero Marco Follini. Così ha guidato Rutelli a un recupero quasi impossibile, tenendolo per mano in tutte le tappe: la difesa degli Stati Uniti, il rapporto con la Chiesa, l’attenzione alle questioni dell’impresa. Non appiattendolo sulla linea del quotidiano milanese, che ad esempio sulla fecondazione artificiale assunse una linea antiruiniana, ma facendogli da sponda. Incoraggiondolo, poi, a tenere rapporti con il quotidiano rivale Repubblica, secondo uno schema consociativo molto caro a Mieli. Poi però l’appoggio corrierista si è rivelato catastrofico quanto quello che normalmente produce verso «i grandi» il sostegno di Scalfari. In questo senso l’intelligenza politica di Pierferdinando Casini si sta dimostrando superiore a quelle follinian-rutelliane perché all’ultimo momento pare saper resistere alle sirene di via Solferino. In Italia non si sa mai, come dice il nostro inno, non mancano di scoprirsi le tombe e risorgere i morti. Allo stato attuale dei fatti però Rutelli è proprio gravemente infortunato (politicamente) e difficilmente conserverà ruoli da protagonista. Il destino del Partito democratico sembra essere affidato a una Margherita dove la fa da padrone Franco Marini (al congresso le sue truppe pare che potranno contare quasi sull’80 per cento dei delegati) e a un partito dei Ds dove l’unica intelligenza strategica (nonostante le botte al suo prestigio date da una mediocre gestione della politica estera) è D’Alema. Vi saranno, poi, anche due altre correnti molto consistenti. Quella dei prodiani o meglio dei dossettiani, perché molto presto il professore di Bologna farà una fine alla Achille Occhetto.

L’unica diversità - almeno speriamo - sarà che l’attuale premier non si metterà mai un foulard al collo. E quella dei veltronian-debenedettiani, con grande seguito nell’opinione pubblica ma non negli apparati. Della corrente rutellian-mielista-montezemoliana rimarranno solo poche, trascurabili tracce.
2.Continua

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