Partorita da poche settimane, ma già nellocchio del ciclone e con il rischio concreto di «abortire». Per le 22 comunità montane del Lazio la cura dimagrante dovrà forse attendere. A prescriverla è la Regione, che ha recentemente approvato una legge ad hoc a disciplina della materia. Legge però finita sotto la lente dingrandimento del Consiglio dei ministri, che avrebbe tutta lintenzione di impugnarla davanti alla Corte costituzionale per presunte inadempienze, soprattutto di carattere finanziario.
Il titolo della legge regionale approvato in Consiglio è inequivocabile: «Disposizioni per il contenimento della spesa pubblica relativa agli organi delle Comunità Montane». La normativa punta a ridurre le spese correnti di funzionamenti di questi enti che hanno come primo scopo la valorizzazione dei territori montagnosi. Finalità nobile, per carità. Però cè da sottolineare che si tratta solo di un primo passo. Peraltro, anche lento e in controtendenza. Cè infatti chi invoca da tempo, anche sulla base di prescrizioni normative del precedente ministro agli Affari Regionali, Linda Lanzillotta, leliminazione di quelli che sono considerati da molti dei «carrozzoni» più che altro inutili e dispendiosi. A quanto pare, sarebbero dovute scomparire almeno la metà delle comunità del Lazio. Invece sono tutte ancora vive e vegete. Venendo alla sostanza del provvedimento normativo, i compensi dovuti al presidente e ai componenti lUfficio di presidenza sono decurtati, retroattivamente, dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2008 del 10 per cento mentre a partire dal 1° gennaio 2008 scatta una riduzione del 50 per cento.
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