E De Benedetti si inventa il regime part-time

VITTIMISTA Per l’Ingegnere non esistono punti di vista alternativi. E quelli espressi dalla sua «Repubblica»?

E De Benedetti si inventa il regime part-time

Puntuale, come un orologio del suo nuovo Paese, Carlo De Benedetti, ridetto De Benedetti XVII, scrive e parla come un pontefice. Prima si esprime su Il Foglio, laddove osano le aquile del regime, illustrando il pensiero su Barack Obama e quello che sarà, quindi ferma le sue riflessioni sull’Europa, anzi nel sud profondo di questo vecchio continente, e ne dice quattro contro il governo, ovviamente quello di Silvio Berlusconi, che va a limitare la libertà di informazione. Essendo De Benedetti XVII, il capo del gruppo Espresso- Repubblica, conosce alla perfezione l’argomento, ogni giorno vive questa sofferenza, vorrebbe liberarsi dei ceppi ma non ci riesce, manda avanti i suoi uomini che però finiscono prigionieri del regime e vedono spezzare le loro penne, la gente va in edicola e s’accorge che il giornale è venduto clandestinamente, a notte fonda o all’alba scopre che nelle rassegne stampa, radiotelevisive, viene evitato, entra al bar, frequenta i circoli dopolavoristi ed è costretta a parlarne a bassissima voce.
Ieri l’Ingegnere, detto Tigre forse perché come il felino non ama gli spazi aperti ma si nasconde nella boscaglia per sferrare l’attacco micidiale, ieri, dicevo, in occasione di una festa per l’anniversario d’argento della Nuova Venezia, presente il filosofo Cacciari, ha voluto esternare i suoi turbamenti per questo momento storico che vede il Paese in bilico, border line direbbe lui dopo gli ultimi viaggi negli States, con l’ombra della dittatura che prende sempre più corpo.
«È evidente che in Italia esiste la libertà di stampa, ma c’è un problema di limitazione della libertà di informazione e della possibilità da parte del cittadino di essere informato anche con punti di vista diversi. Episodi come quello di direttori che hanno dovuto addirittura dimettersi per il fatto di essere stati assaliti dimostra che la libertà con la quale il singolo giornalista può svolgere il suo lavoro in maniera serena ed indipendente è assolutamente limitato».
La libertà di stampa part time è come quella ragazza che diceva di essere un po’ incinta. Eppoi i punti di vista diversi non esisterebbero, secondo il presidente italosvizzero. Quelli espressi dai suoi fogli, quotidiani e settimanali, dunque non sono altro che urla strazianti, lontane, non percepite dal popolo che è costretto, invece, a restare inchiodato e rimbambito davanti al televisore senza manopole ma manipolato. Per quanto riguarda i direttori «assaliti», si è trattato di un refuso tipografico, pensavo fossero assalitori, mi ero sbagliato. De Benedetti ribadisce «Questo è un paese in cui se uno guarda solo la televisione non avrebbe neanche mai saputo che esistono le dieci domande di Repubblica al presidente del Consiglio. È un po’ strano o no? Il Tg1, che è il principale telegiornale del paese, e il Tg5, che è il secondo, non ne hanno mai parlato». E il Paese sbanda, il Paese si domanda, lui per primo, perché non viene informato dei dieci interrogativi feroci che, in altri siti, farebbero saltare in aria il governo con tutte le sue dimore, dovunque, isole comprese.
De Benedetti ne ha per tutti: «Molto prima di scendere in politica Berlusconi si è occupato di televisioni commerciali e la Rai purtroppo ha seguito quel modello, ha fatto in modo che al modello-maestra si sostituisse il modello-velina». Le televisioni commerciali, in mano a colleghi del Nostro, erano care estinte prima che Berlusconi se ne occupasse. Sul modello-maestra poi, le Kessler erano figlie del cavaliere? E Gloria Paul che ronzava in calzamaglia attorno a Gino Paoli mentre cantava «La gatta», aveva frequentato Arcore? Undicesima e dodicesima domanda.
De Benedetti ha voluto strafare e ha messo in scena l’Economist: «Un giornale, campione storico di 150 anni del pensiero liberale in Inghilterra come l’Economist, oggi parla dell’Italia scrivendo “museruola all’informazione”. Lo dice gente che è super liberale e che certo non appartiene al mondo che Berlusconi ama definire “comunista”, anche se credo che non sappia cosa voglia dire».


Museruola fa venire in mente subito Murdoch, chissà perché, ma questo sì che è un editore liberale. Comunque per cancellare l’ignoranza di Berlusconi dell’aggettivo sostantivato “comunista”, si potrebbero avere lezioni. Domande numero tredici e quattordici: che cosa significa? Come si dice in svizzero?

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