E il disco tornò sul piatto

Hanno tentato di farlo fuori in tutti modi. A colpi di compact disc, i-pod, e ultimo il download di musica digitale da Internet. Niente da fare, a sessant’anni dalla sua introduzione il vinile non solo resiste, ma sta conoscendo una seconda giovinezza. A dimostrarlo, il successo della Fiera internazionale del disco Vinilmania, oggi e domani al Parco Esposizioni di Novegro (ore 10-18, ingresso 9 euro), che dopo quella di Austin, in Texas, con i suoi 3mila metri quadrati di stand, duecento espositori e oltre 5mila visitatori l’anno, è diventata il secondo appuntamento mondiale dedicato al collezionismo discografico, nonchè quello con la più alta percentuale di vinili. Vengono da tutto il mondo: Europa ma anche da Oltreoceano. Si va dai collezionisti ai semplici «amatori» che di lavoro fanno tutt’altro. «I dischi più ricercati sono quelli dei big: Beatles, Elvis Presley, Rolling Stones, Michael Jackson. Tra gli italiani spopolano i Nomadi, Mina, Patty Pravo, mentre i più giovani vanno a caccia degli U2, Kiss, Metallica», spiega Dario Maffioli, che oltre a collezionare dischi è stato il fondatore della fiera nel 1986 insieme con Guido Giazzi e Fulvio Beretta. Tra le rarità anche la «Butcher Cover» dei Beatles del 1964 poi ritirata dalla casa discografica, o la copertina rossa e argento di Mario Schifano, disegnata da un gruppo italiano poi caduto nell’oblio e uscita solo in 500 copie. «Nel 2000 un’italiana spese 12 milioni di vecchie lire per un 45 giri di David Bowie» ricorda Maffioli. Così, girando tra gli stand, si scopre che l’Lp non è più oggetto di modernariato o cimelio per frikkettoni, ma il centro dell’attenzione di una folla di acquirenti di ogni età e di tutte le tasche. Si va dai 10.000 euro per un «test pressing» di Elvis Presley (il disco con incise le prove di registrazione) ai 20 euro per un singolo di Bob Dylan. Tra le bancarelle, anche cd rari e ogni sorta di memorabilia: magliette, cappellini, poster, vecchie riviste, dischi d'oro vinti dalle star. Che l’Lp sia un fenomeno in crescita, seppur «di nicchia», lo dimostrano i dati della Fimi (Federazione industria musicale italiana): il fatturato sarebbe aumentato da 564mila euro nel 2007 a 1,5 milioni di euro nel 2008, con un incremento del 178%. «Ormai è diventata una moda – continua Maffioli -. Ci sono ragazzi che comprano il vinile per registrarlo sull’i-pod». Per altri invece è quasi un’ossessione: «Lo comprano ma non lo usano, per paura di rovinarlo: lo tengono come oggetto sacro dentro un’apposita vetrina chiusa, o appeso al muro come un quadro». Fondamentale la temperatura: né troppo alta né troppo bassa «per non alterarne la qualità». Gli artisti si adeguano volentieri. Ogni nuova uscita dei Rolling Stones è accompagnata da una tiratura di copie in vinile. Lo stesso vale per Radiohead, Depeche Mode, Manu Chao, gli U2; mentre in Italia Vasco Rossi e Adriano Celentano sono stati i primi a tornare all’Lp: «Se vuoi realizzare una bella copertina devi usare quel formato» ha commentato il molleggiato. Ma non si tratta solo di copertina o dell’oggetto in sé. «Il disco tradizionale ha un suono più caldo, meno metallico del cd», rileva Maffioli. Dello stesso avviso è Alessandro Ghezzi, deejay milanese: «Per suonare uso solo l’analogico.

È il supporto migliore per mixare, plasmare il suono in modo più diretto. Il digitale snatura questo processo, lo rende più artefatto. E poi vuoi mettere il profumo del vinile, o il fruscio della puntina sul giradischi?».

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