Un altro Tour all'America, viva l'America. Nel momento delle congratulazioni, però, almeno due sono le cose che bisogna assolutamente dire. Cominciamo con la prima: si è detto in televisione, e qualcuno l'ha pure scritto sui giornali, che questo è un Tour molto bello, «perché incerto, combattuto, equilibrato». Assistere alle battaglie tra Landis e Pereiro, Kloden e Sastre, pare sia il massimo dell'eccitazione. Ebbene, a titolo puramente personale, ho faticato a cogliere il fascino. Questo Tour di nani, anonimo e livellato, è riuscito a scatenare un solo sentimento vero: il rimpianto. Quasi automaticamente, il pensiero è tornato ai Tour degli Indurain e degli Armstrong, insomma ad un'idea di Tour che sta agli antipodi: il Tour firmato da un grande artista. Così superiore da scatenare i toni della favola e della leggenda. I teorici dell'equilibrio e dell'incertezza odiano questo genere di corse: lo dicono e lo scrivono ogni volta, quando un padrone assoluto bastona a ripetizione chi appena prova a impensierirlo. Parlano di noia. Logica la loro esultanza, di fronte a questo luglio di dittatura del proletariato. Questione di canoni estetici. Negli Indurain e negli Armstrong, così come nei Valentino Rossi e negli Schumacher, insomma negli immensi noiosi che segnano la propria epoca, molti di noi riescono a contemplare il misterioso prodigio dell'impossibile. Vallo a spiegare, che cos'è un fuoriclasse, a gente che definisce «entusiasmante» questa roba (Davide Cassani, Raitre).
Scontata la replica: a forza di contemplare e osannare i superuomini, abbiamo alimentato il grande doping. Dietro, il messaggio subliminale: meglio allora questo livellato Tour di normali, senza superuomini, però tanto pulito. Ecco la seconda cosa da dire. Se vogliamo sostenere che un Tour equilibrato è più bello, padronissimi. Però, per favore, fermiamoci qui. Non farnetichiamo di un Tour 2006 come primo della limpidezza e della pulizia. Aver escluso a titolo precauzionale i campioni (Basso, Ullrich e Vinokourov) non significa che sono rimasti in corsa gli onesti. Nessuno può sognarsi di certificare una bischerata simile. Il dentro-fuori di questa clamorosa estate è dipeso soltanto dalle coincidenze. Come ha riconosciuto lo stesso dottor Fuentes, famigerato depuratore di sangue umano, «se avessi fatto tutti i nomi dei clienti, sarebbero arrivati in pochi a Parigi». E comunque, al di là di quella che può anche sembrare una sparata, restano alcuni dettagli niente affatto trascurabili. Solo un piccolo esempio: la squadra del vincitore Landis. Esce da due anni di turbolenze continue, tutte legate a casi di doping. Camenzind, Hamilton, Perez, Santos Gonzales, Erweider sono i nomi via via pizzicati. E nell'ultima retata spagnola sono caduti anche Botero e quel «Bufalo» Gonzales arrivato secondo al Giro. Questa è una squadra che il Pro Tour aveva estromesso, e che soltanto un ricorso al Tas aveva riammesso. Di più: questa è una squadra che ha dovuto cacciare i diesse Freuler e Pino. Di più ancora: questa è una squadra che perderà il prestigioso sponsor Phonak, tramortito dall'esasperazione. Produce apparecchi contro la sordità, in tutti questi anni ha sentito benissimo...
Che cosa sono queste, solo carognate indelicate, da evitare nel tripudio dei Campi Elisi? Spiace per Landis, sul quale al momento nessuno può eccepire, ma è pura cronaca: tanto per evitare la stupida enfasi del Tour «piccolo, ma pulito». Sul piccolo si può giurare, sul pulito no.
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