E Fli rischia di perdere anche il controllo del «Secolo»

RomaFini rischia di perdere anche la guerra del Secolo. Inteso come Secolo d’Italia, organo diretto con piglio militaresco dall’amazzone Flavia Perina e diventato megafono del finismo. Fino a oggi il giornale è stato retto dall’amministratore unico Enzo Raisi, guerriero emiliano della truppa di Fini. Tuttavia, da tempo, il quotidiano è finito nel mirino degli ex An rimasti fedeli al Pdl. Il ragionamento di base è il seguente: perché il giornale che era di An, da quando il presidente della Camera ha deciso lo strappo, tutti i giorni sputa in faccia a chi non ha tradito il progetto del partito unico del centrodestra? Perché il giornale, che è anche dei lealisti, dà voce soltanto a quelli che hanno seguito Gianfranco? Così non va bene.
Per mesi la questione è stata rimandata anche per non contribuire ad aizzare animi già troppo surriscaldati. Ma ora sembra si sia arrivati al redde rationem anche sullo storico giornale del Msi. La guerra si è combattuta all’interno del comitato dei garanti che gestisce l’intero patrimonio dell’ex Alleanza nazionale, destinato a diventare fondazione. Quello stesso organo presieduto dal senatore Francesco Pontone, dimessosi dopo l’affaire di Montecarlo e ora transfuga del Fli. Nel tesoretto gestito dal comitato, ora guidato dal senatore pidiellino Giuseppe Valentino, oltre al patrimonio immobiliare e alla cassaforte c’è anche il quotidiano di via della Scrofa. Battaglia persa, visto che sei dei nove membri del comitato sono rimasti lealisti al Pdl. Per mesi s’è giocata una guerra di nervi. I finiani a chiedere soldi per tenere in piedi il loro megafono; gli altri a negarli o quantomeno a limitare gli esborsi alla sola attività ordinaria e non a quella straordinaria. Una bella gatta da pelare visto che Il Secolo naviga in pessime acque e i debiti, che solitamente venivano ripianati dal partito, con la cassaforte congelata resteranno debiti.
Ma al di là dei problemi economici, la resa dei conti politica sembra essere arrivata. Il comitato ha infatti chiesto di istituire un consiglio d’amministrazione al posto dell’amministratore unico. A Raisi è stato chiesto di farne parte ma, dice il finiano, «Che ci sto a fare se gli altri sono tutti berluscones?». Il nuovo cda sarà composto dall’onorevole Mario Landolfi, ex ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi III; dal senatore Giuseppe «Peppino» Valentino, avvocato di grido del partito, un tempo vicinissimo a Pinuccio Tatarella, ora legato a Gasparri e La Russa; da Alessio Butti, storico missino di Como e senatore pure lui; da Ugo Lisi, deputato pugliese; dal senatore Franco Mugnai, toscano, molto amico di Matteoli. In pratica la testa del giornale torna «lealista» e il timone? «Rimuovere la Perina? Se non sarà il primo passo sarà il secondo», dice Raisi.
È ancora presto per sapere se la direttora ha le ore contate. Di certo l’esigenza di riequilibrare l’organo che era di An c’è eccome. E la vecchia proposta di una condirezione del quotidiano era stata a suo tempo respinta dall’amazzone finiana. In compenso la Perina ha già cominciato a fare fisicamente le valigie. Dalla stanza che divideva con Luciano Lanna ha infatti traslocato nell’ex archivio fotografico dove si facevano le riunioni e dove una volta c’era la segreteria.

Di fatto s’è asserragliata nella stanza più isolata che però ha un’uscita di sicurezza. Dal canto suo, ieri, in un editoriale, sputava un po’ di tossine sui suoi ex alleati: «Sul Secolo troverete un’intervista a Lele Mora anziché a Menia». Veleni. Forse gli ultimi.

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