E con Formigoni lancia il «modello Lombardia»

L’ex vicepremier e il governatore nell’impresa dove lavorano 80 disabili: welfare senza assistenzialismo

da Milano

Diversamente abili. Sembra solo una di quelle parole politicamente corrette inventate per nascondere il disagio. Poi passeggi tra i banchi da lavoro di una fabbrica speciale nel verde della Brianza, in mezzo a decine di cosiddetti disabili, abilissimi a produrre quadri e cablaggi elettrici, robe difficili da capire anche per presunti normali. Qui «diversamente abili» non è un modo di dire ma il volto di uomini e donne che sanno quello che fanno.
Gianfranco Fini e Roberto Formigoni visitano la cooperativa sociale di Triuggio. La ricetta, un misto di ricavi, aiuti da amici imprenditori e politiche pubbliche, viene rilanciata come valida per il Paese. Sarà pure campagna elettorale, lo è di sicuro, ma il fine (della cooperativa) giustifica i mezzi e il presidente di An spiega il senso della giornata come esempio di quel che sarà il governo del Pdl. «La Lombardia può vantare molte strutture come quella che abbiamo visitato e il buon modello della Lombardia nel Welfare è ciò che cercheremo di esportare in tutto il Paese» teorizza Fini.
La fabbrica di Triuggio è una delle cinque sedi della cooperativa Solidarietà nuova, che lavora con centocinquanta persone di cui ottanta disabili. Il tipo di attività è stato scelto sulla base delle competenze e delle possibilità delle persone che si applicano su assemblaggi, circuiti e cavi elettrici. Ciascuno dei «ragazzi» (alcuni giovanissimi, altri quaranta e cinquantenni) riceve un salario di circa mille euro con cui può mantenersi. «La nostra mission è inserire i disabili psichici e costruire con loro un’impresa in grado di vendere» dice l’amministratore delegato, Enrico Novara. Aggiunge: «Cerchiamo di farcela anche se abbiamo un po’ subito la concorrenza della Cina».
Produzione e «gratuità», recita uno dei tanti manifesti colorati che arredano la sala da pranzo, perché la fabbrica è anche una casa famiglia e qui vivono coppie che hanno adottato i ragazzi rimasti senza genitori. I conti quadrano. «Raramente la politica sente la necessità di sostenere queste imprese - ammette Fini -. In questi luoghi avviene con un’incidenza di spesa inferiore ad altre Regioni». Una differenza tra questa cooperativa e strutture simili la spiega Formigoni: «Non è un’iniziativa assistenziale ma produttiva. Realizzano un prodotto e grazie a quel prodotto stanno sul mercato. Insomma, loro lavorano e la Regione dà una mano ma in un’ottica di solidarietà.

Quando diciamo “Più Lombardia in Italia” pensiamo a realtà come queste». Fini annuisce e promuove il mix «sussidiarietà e solidarietà», binomio del Welfare made in Brianza. Ripete «più Lombardia in Italia» e chissà che non sia una sponsorizzazione di Formigoni al governo.

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