Politica

E già si pensa a una missione più ridotta

da Roma

Se la Germania si occuperà del pattugliamento navale, se la Francia vuole confermare l’operazione aerea e marittima «Baliste», l’Italia deve per forza ridimensionare il contingente navale e rimodellare quello terrestre. In queste ore la Difesa starebbe ricalibrando la missione italiana in Libano, ritagliandola sulle esigenze degli altri Paesi europei che hanno posto condizioni piuttosto rigide all’Onu per partecipare. Ed ecco allora spuntare dai colloqui di Palazzo Baracchini un contingente più snello, ridimensionato rispetto a quello che i vertici militari avevano messo a punto fino a pochi giorni fa: finora si era parlato di 5 navi, compresa la portaerei Garibaldi, con a bordo circa 3.500 militari, 1.200 dei quali da schierare sul terreno ed avvicendati, dopo alcuni mesi, da una brigata di 3.000 persone. Ora, stando alle ultime indiscrezioni, si penserebbe ad un gruppo navale dalle dimensioni più contenute, con 2.000-2.500 persone a bordo: il primo contingente di terra sarebbe di circa 700 uomini e quello finale, a regime, di 2.000-2.200.
Ormai a ridosso della partenza della cosiddetta Forza d'ingresso che lo stesso ministro Parisi ha ieri ipotizzato possa avvenire entro la fine di agosto come auspicato dall'Onu, gli ultimi sviluppi sul contingente internazionale di Unifil, con particolare riferimento ai Paesi partecipanti e al loro contributo in termini di uomini e mezzi, avrebbero indotto la Difesa a mettere a punto una forza dalle caratteristiche analoghe a quella ipotizzata finora, ma più contenuta, un contingente che, a regime, e quindi più o meno a partire dal mese di novembre, non dovrebbe superare i 2.000-2.200 militari.
Nel frattempo, a parte un'aliquota di ricognizione composta da pochi ufficiali che dovrebbe partire nel giro di qualche giorno, a presidiare l'area di responsabilità affidata all'Italia sarebbe una «early entry force» di circa 700 uomini tra fucilieri di Marina, lagunari (la Forza nazionale di proiezione dal mare) e alcuni nuclei specialistici. Un contingente imbarcato sul gruppo navale di cui farebbe sempre parte l'incrociatore-portaerei Garibaldi, che nei primi mesi servirebbe anche come piattaforma di comando e controllo.
La situazione ovviamente non è statica, ma in continua evoluzione.

I Paesi coinvolti ufficialmente per ora sono pochi e quelli che hanno dato l’assenso alla missione stanno prudentemente valutando la situazione per lo schieramento delle truppe di terra, il punto più delicato di tutta la missione.

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