E il governo nel pallone fa dietrofront sugli sms

RomaE’ una giornata difficile per gli sms degli italiani. Per finanziare il Fondo contro le calamità naturali, il governo Monti pensa bene di tirare fuori dal cappello niente meno che una tassa sui messaggini. Una novità inserita inizialmente nella travagliata bozza del decreto legge di riforma della Protezione Civile. Secondo la prima idea dell’esecutivo, l’articolo 4 comma h doveva prevedere una imposta pari a 2 centesimi per ogni saluto o comunicazione breve inviata via «telefono, computer o siti Internet». Una novità, inserita mercoledì nel testo analizzato nel pre consiglio, che si trasforma in una miccia accendi-polemiche, in un detonatore di proteste, ironie e dichiarazioni infuocate.
L’interrogativo si moltiplica immediato su siti, social network e corridoi parlamentari. Possibile che dopo aver deciso di colpire la casa, la benzina, i diritti di imbarcazione, le auto aziendali, i contributi sanitari obbligatori, i contratti a termine, l’Iva, le addizionali Irpef, le sigarette, i bolli, i conti correnti, non ci sia un’altra strada da percorrere per finanziare questo fondo? Si scatenano anche le associazioni dei consumatori. L’Adoc, ad esempio, denuncia un danno medio di 405 euro l’anno per consumatore. «Tassare gli sms e introdurre nuove accise su carburanti (la seconda ipotesi individuata per reperire finanziamenti ndr) è l’ultima follia di un governo che affonda gli italiani - dichiara Carlo Pileri, Presidente dell’Adoc - la tassa di 2 centesimi sugli sms è una vera e propria tassa sui giovani, visto che gli under 30 inviano una media di 300 sms al mese e saranno i più penalizzati, andando a pagare circa 75 euro in più l’anno. Gli over 30 invece spenderanno, solo per gli sms, poco meno di 40 euro in più a testa l’anno. Solo dalla tassa sui messaggi di testo lo Stato potrebbe quindi incassare poco meno di 2 miliardi di euro l’anno, considerando che sono circa 35 milioni gli utenti italiani che inviano regolarmente sms».
La pressione anti-tassa sugli sms sale immediata, sia dal basso che dall’ «alto» delle stanze di Montecitorio. Maurizio Gasparri la liquida come «una autentica follia». E anche i gestori telefonici fanno sentire la propria voce. Le certezze dell’esecutivo iniziano ad incrinarsi. E alla fine il governo innesta la marcia indietro e consuma il suo dietrofront (mantenendo invece quella sulla benzina). Fonti di Palazzo Chigi, nel tardo pomeriggio, confermano che l’ipotesi di una tassa sugli sms, da applicare in caso di dichiarazione dello stato di emergenza, è stata accantonata e non sarà nel decreto. I motivi sono diversi. In primis l’impopolarità di un provvedimento di questo tipo. Ma anche la difficoltà di applicazione visto che circa la metà degli sms spediti fa parte di pacchetti prepagati offerti dalle compagnie al costo di un centesimo. Su questi la tassa sarebbe stata del doppio del valore dell’oggetto della tassazione.

Infine la possibilità per chiunque abbia un telefonino con collegamento a Internet di aggirarla attraverso e-mail e altri sistemi. Possibilità che avrebbe, di fatto, trasformato questa tassa in uno strumento di vessazione sulle categorie più deboli.

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