E i democratici preparano la guerriglia per sabotare le riforme

RomaIl Pd nelle ultime settimane pare essersi rassegnato all’ingrato ruolo di «ruota di scorta» della politica italiana. In parte la mancanza di carisma del segretario Bersani, in parte la guerra di trincea tra veltroniani e dalemiani hanno costretto il maggior partito di opposizione a esasperati tatticismi per non scomparire del tutto dalla scena. Ormai in antiberlusconismo Gianfranco Fini ha superato anche l’odiato-amato Antonio Di Pietro.
Ma la sinistra di tatticismi ha molta esperienza, motivo per non sottovalutarne il potenziale distruttivo. In fondo, il richiamo lanciato ieri da Pier Luigi Bersani alla «responsabilità» delle opposizioni, la solita riproposizione del Cln casiniano, è solo fumo negli occhi, un diversivo. Il Pd non è in grado di andare alle elezioni anticipate perché subirebbe una pesante sconfitta e sa bene che i «ribaltoni» sono sempre un’arma a doppio taglio. C’è ancora un espediente che sa utilizzare molto bene: sabotare le riforme, boicottarle con una guerriglia parlamentare.
Ne ha dato un chiaro esempio il capogruppo al Senato, Anna Finocchiaro. Replicando all’intervista al Corriere del numero uno di Palazzo Madama, Renato Schifani, ove si invitava Fini a dimettersi, la dirigente del Pd non si è limitata a delegittimare la seconda carica dello Stato definendolo «un semplice militante del Pdl», ma ha dato la linea. «La frattura interna al principale partito di maggioranza farà sì che il governo sarà immobilizzato dalle polemiche interne», ha dichiarato. Non si tratta di un’analisi, ma di una chiamata alle armi al gruppo del Pd del Senato affinché sfrutti la sponda finiana per bloccare tutte le riforme all’esame.
La strategia di Montecitorio non è dissimile. Il capogruppo Dario Franceschini, esponente della minoranza, è impegnato su altri fronti, ma il vicesegretario Enrico Letta è molto presente in Parlamento e non manca mai di osservare che «Fini apre una crepa destinata a durare». Non per nulla bersanian-dalemiani e veltroniani sono quotidianamente impegnati alla Camera a organizzare le proprie truppe. A ogni votazione un deputato viene incaricato di «rastrellare» i colleghi dispersi in Transatlantico o nel cortile per mettere in difficoltà la maggioranza. A volte il gioco riesce e se i finiani decidono di mettersi di traverso, la Camera può trasformarsi in un vero e proprio Vietnam.
Ostruzionismo e altre trappole non hanno segreti per i parlamentari del Pd. La prevedibile sconfitta del 2008 ha notevolmente ridimensionato i propositi di turnover dell’allora segretario Veltroni e quindi la maggior parte degli eletti è rotta a tutte le malizie e ai sotterfugi del parlamentarismo. Per molti piddini, in generale, ritardare l’approvazione di un provvedimento è già un successo. Aver stravolto la riorganizzazione della stagione venatoria è stato salutato come un exploit. Con i decreti attuativi del federalismo fiscale e la riforma della giustizia potrebbe succedere di tutto...
Come il centrosinistra nel quinquennio 2001-2006 anche il Pd degli ultimi due anni si è scientemente abbandonato alla politica del «no». Le pedisseque richieste di interventi anticrisi sono vacue perché prive di copertura finanziaria anche quando vengono presentate sottoforma di aumento delle tasse per i redditi più elevati. Pure la riforma della giustizia presentata da Andrea Orlando ha il valore di specchietto per le allodole in quanto osteggiata dalla componente oltranzista guidata da Rosi Bindi.
Queste considerazioni non devono far trascurare un fatto. In ogni caso, non è il Partito democratico a menare le danze. Come guida dell’opposizione si è prima consegnato al giustizialista Di Pietro e poi al «parlamentarista» Gianfranco Fini. In secondo luogo, eventuali scomposizioni e ricomposizioni non dipendono da Largo del Nazareno che piuttosto le subisce. Lo stesso «patto repubblicano» di Bersani non è una novità. E se D’Alema & C.

guardano a Casini, Fini e Rutelli per allargare la base elettorale, lo stesso non vale per Walter Veltroni che fu artefice attivo insieme con Silvio Berlusconi del tramonto dell’ultima stagione prodiana. E non è detto che la storia non si ripeta.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica