Una trentina di deputati avvocati del Pdl riuniti nella sala Colletti di Montecorio per fare il punto della situazione con il presidente del Consiglio. Con loro il capogruppo a Montecitorio Fabrizio Cicchitto, il consigliere giuridico del premier Niccolò Ghedini, i membri del partito che fanno parte della giunta per le autorizzazioni a procedere e qualche esponente della commissione giustizia. Una sorta di conclave delle teste giuridiche del partito cui Berlusconi ha voluto parlare e, anche, chiedere qualche consiglio. Nel pomeriggio circola l’ipotesi che la riunione possa servire a mettere in piedi una sorta di contromossa nei confronti della procura di Milano. Una specie di summit per stabilire se affiancare o meno gli avvocati targati Pdl alle dozzine di ragazze perquisite nei giorni scorsi. Una tesi però scartata sebbene durante il blitz a Milano 2 gli investigatori non abbiano proceduto con i guanti bianchi. L’argomentazione del premier è che le perquisizioni siano avvenute in spregio a ogni norma, a ogni codice, a un utilizzo equilibrato degli strumenti giudiziari, mettendo in atto trattamenti inaccettabili nei confronti di persone considerate semplicemente a conoscenza dei fatti. Blitz all’alba, perquisizioni corporali e ambientali manco le 14 ragazze del residence di Milano 2 fossero criminali, impossibilità di contattare i propri legali. Ma l’idea di affiancar loro deputati che masticano di diritto viene accantonata.
Nel conclave giuridico il premier vuole sentire le opinioni di tutti i suoi uomini. Qualcuno, Maurizio Paniz e Manlio Contento, in primis, provano a buttarla là: non sarebbe il caso che il presidente vada in aula a difendersi e ne approfitti dei riflettori per sbugiardare le tesi dei pm? Un’idea che viene scartata perché, come riferito dallo stesso Cavaliere al termine della riunione, «i miei avvocati mi hanno detto che non essendo Milano il tribunale competente non è logico che io vada». La maggioranza dei deputati annuisce e conviene che la linea difensiva corretta è quella di contestare l’inchiesta a monte. Le accuse sono del tutto inconsistenti e viziate dalle incompetenza. Secondo i difensori del premier, infatti, per il reato di concussione i pm avrebbero dovuto spedire gli atti al tribunale dei ministri; mentre per quello di prostituzione minorile sarebbe competente la procura di Monza, nel cui circondario si trova la villa di Arcore.
Alla riunione, poi, emerge un’altra considerazione. La Procura di Milano è politicizzata e da sempre lavora per disarcionare il premier. Ma non tutti i magistrati sono faziosi e schierati come quelli meneghini, anzi. Ecco che allora qualcuno pigia sul tasto «isolamento». «Dobbiamo spaccare la magistratura, ci sono tante toghe che criticano il modo in cui lavorano i colleghi di Milano. Mettiamo in evidenza il più possibile che i giudici del capoluogo lombardo sono un neo, un’eccezione, una pericolosa anomalia».
Così, l’incontro scivola via tra lo sbigottimento per l’ennesima inchiesta a base di fango e le rassicurazioni dispensate dal premier: «State tranquilli, uscirò indenne dall’ennesima persecuzione giudiziaria anche questa volta».