E i missili di Barack diventano più buoni di quelli di Bush

Silenzio spara Obama. Succede in Pakistan, succede venerdì quando, ad appena 48 ore dall’insediamento alla Casa Bianca del nuovo presidente democratico, due velivoli Predator senza pilota infilano cinque missili in un paio di villaggi-santuario di Al Qaida uccidendo una ventina di sospetti terroristi. Fino a quando nello Studio Ovale c’era lui, George W. Bush, quelle artigliate dei Predator della Cia erano salutate come un attacco alla sovranità territoriale del Pakistan, come un’ulteriore spinta verso la guerra civile, come un’ennesima strage di civili. In 48 ore la nuova era presidenziale cancella anche questi vecchi refrain. Venerdì i portavoce del governo pakistano, dopo aver salutato con entusiasmo, solo 24 ore prima, la decisione di chiudere Guantanamo, scoprono il silenzio, accusano senza fiatare e senza protestare il colpo di maglio inferto da Barack Obama. Venerdì l’opinione pubblica internazionale impara ad accettare quegli attacchi come il segnale della nuova strategia adottata dall’amministrazione democratica per cambiare il corso della guerra afghana e sradicare l’infiltrazione alqaidista da vaste aree delle province nordoccidentali pakistane. In precedenza i Predator della Cia avevano già colpito 38 volte dallo scorso agosto e la firma sul documento presidenziale - datato luglio 2008 - che autorizza operazioni sui territori di Islamabad senza il consenso preventivo del suo governo, è quella di George W. Bush, ma poco importa. Grazie a questo doppio blitz la nuova amministrazione appone il proprio sigillo sulla politica che prevede minor indulgenza nei confronti di Islamabad.
Non è chiaro se Obama abbia autorizzato personalmente la doppia operazione, nessuno sa se ne abbia condiviso la pianificazione e i portavoce rifiutano, venerdì, di rispondere alle domande dei giornalisti sull’argomento. La prassi prevede, però, che la Casa Bianca sia informata in precedenza per qualsiasi di questi attacchi. Dunque i nove morti nel villaggio di Zharki nel Nord Waziristan, tra cui sicuramente cinque arabi, e quelli del villaggio di Gangi Khel nel Sud Waziristan sono farina del sacco di Obama. E lui, per farlo capire, convoca proprio venerdì pomeriggio, subito dopo il blitz, la prima riunione del Consiglio di sicurezza nazionale dedicata alla situazione in Pakistan e in Afghanistan. Mentre politiche e strategie sembrano, per ora, l’esatta continuazione di quelle varate negli ultimi mesi dell’era Bush la valutazione delle vittime offerta dagli osservatori internazionali sembra già profondamente mutata. Per molti dei 132 morti causati dalle incursioni dei Predator autorizzate dalla precedente amministrazione valeva la presunzione d’innocenza e la qualifica di civili colpiti per errore.

Grazie all’entusiasmo generato dalla nuova era i caduti nel doppio bombardamento di venerdì sono, invece, tutti automaticamente promossi al rango di autentici terroristi, inceneriti ed eliminati a colpo sicuro. Compresi i tre figli del proprietario della casa distrutta dai missili a Gangi Khel.

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