Roma - Sabato sera le banche interessate ad Olimpia erano così convinte di riuscire a mettere le mani su Telecom che avevano messo a punto anche il nuovo consiglio d’amministrazione della società. Palazzo Chigi seguiva talmente da vicino il negoziato, che era stato informato anche del livello di prezzo che erano pronte a pagare per azione: Intesa, pur di arrivare a Telecom, era pronta offrire a Tronchetti Provera 2,7 euro per azione; un centesimo di euro in più, rispetto a quel che era disponibile a pagare la spagnola Telefonica. Operazione saltata con il vertice bilaterale di Ibiza fra Prodi e Zapatero; dove nacque, invece, la missione spagnola dell’Enel su Endesa.
I giochi delle banche su Telecom sembravano fatti. Ma, nel pomeriggio di domenica, arriva la notizia che Tronchetti ha avviato contatti con l’americana At&t e la messicana America Movil: entrambe disponibili a salire a 2,82 euro per azioni. «Un prezzo alto, molto alto. Forse troppo alto», commentano da Palazzo Chigi. E proprio il valore scatena le fantasie che dietro l’operazione At&t ci possano essere interessi del Dipartimento di Stato americano per bloccare un’operazione «made in Prodi».
Se fosse passato l’ingresso delle banche in Olimpia, il presidente del Consiglio avrebbe rafforzato il suo peso specifico nell’economia. E portato a compimento l’obbiettivo del Piano Rovati: allungare le mani su Telecom.
«Dietro l’At&t c’è solo l’At&t», commentano due ex ministri degli Esteri fortemente «amerikani» come Antonio Martino e Lamberto Dini. «Si tratta di un’operazione di mercato», precisa il presidente della Commissione Esteri del Senato. «Immaginare un coinvolgimento del Dipartimento di Stato nell’operazione Telecom - sottolinea l’ex ministro della Difesa - vuol dire avere una visione paranoica dell’economia».
Scettico in parte anche Francesco Cossiga. Il presidente emerito sottolinea che «i colossi americani sono più grossi del Dipartimento di Stato. Non si muovono certo per la bella faccia di Condoleezza Rice. Certo - commenta - gli Stati Uniti sarebbero ben lieti per la loro strategia internazionale se un’azienda Usa assumesse il controllo delle telecomunicazioni in Italia. Non foss’altro per contrastare il ruolo del finanziere tesoriere di Hamas». E chi è? «Ma è possibile che queste cose le sappia soltanto io? - si chiede Cossiga - ma è quello che si è preso Wind».
Insomma, Telecom come crocevia di trame internazionali, con At&t interessata al mercato italiano per allungare «un orecchio» in Europa; e perché no, in Medio Oriente. Fantasie, «paranoie», come le chiama Martino? Il fatto è che Palazzo Chigi è stato colto di sorpresa dalla mossa di Tronchetti. «Non ne sapevamo nulla. L’abbiamo saputo domenica pomeriggio», confida Silvio Sircana. «In effetti - commenta il portavoce di America Movil da Città del Messico - non risulta che ci siano stati contatti diplomatici con il governo italiano».
La tensione, però, è alta. Così a qualcuno torna in mente una coincidenza del passato. Già un’altra volta l’At&t si affacciò sul mercato italiano: quando era sul punto di stringere un’alleanza con l’Italtel, all’epoca azienda dell’Iri presieduta da Romano Prodi. Quell’accordo saltò e dopo poco esplose Tangentopoli. Come a dire: con l’At&t non si scherza. Non a caso, l’atteggiamento dei Ds è cambiato durante la giornata: dapprima duri contro l’operazione («preoccupa», commenta Latorre), poi più cauti («bisogna vedere le prospettive industriali», osserva Bersani).
Vera o no la coincidenza storica, vero o no il ruolo dell’amministrazione Usa, la mossa di Tronchetti rompe le uova nel paniere alla strategia di Prodi. Volta a creare un sistema di potere economico disegnato sul modello della “sua“ Iri ed a lui riconducibile. Da mettere sul tavolo al momento della nascita del Partito democratico.