E i professionisti degli "spifferi" scoprono i dossier a senso unico

Da Repubblica all'Unità, i paladini delle Procure contro Panorama per la fuga di notizie. Anche Padellaro sul Fatto si scandalizza. Le inchieste? Solo quelle che infangano il Cavaliere

«Madunina confidential», attacca l'Unità in uno degli articoli di ieri sulle indagini a carico di Panorama. Il giornale del Partito democratico scomoda un maestro del «noir» come James Ellroy per dipingere misteriosi scenari di intrighi e dossier, dove si muovono spioni e grandi fratelli per spargere veleni e colpire «i nemici del capo». Nulla di nuovo sul fronte della stampa di sinistra, che tratta la concorrenza a fascicoli in faccia. Perché le loro inchieste sono esempi di diritto all’informazione, quelle altrui volgari «fabbriche di fango». Le centinaia di pagine riempite da Repubblica con le «dieci domande» a Berlusconi sul caso D'Addario sono fulgide bandiere della libertà di stampa; la decina di inchieste di Panorama su personaggi pubblici come Di Pietro, Grillo, De Magistris, gli Agnelli appartengono invece alla «strategia della delegittimazione».
Il doppiopesismo regna sovrano. Claudia Fusani, che dovette lasciare Repubblica perché impigliata nell'inchiesta sugli 007 di Pollari, tratteggia sull'Unità «un sistema di potere che sembra alimentarsi di dossier e presunte inchieste giornalistiche subito strumentalizzate per fini politici». Il suo interlocutore è Gioacchino Genchi, «presunto spione». Il quale non si limita a commentare un’indagine, quella di Pavia a carico di un appuntato della Guardia di finanza e di un nostro collega, alla quale è estraneo: l’ex consulente dell’ex pm Luigi De Magistris tira in ballo Italia Oggi e il caso Telecom, oltre all'«inchiesta della procura di Milano che ha coinvolto i vertici del Giornale e della Confindustria a suon di minacce e dossier» (in realtà la procura è quella di Napoli).
Come è possibile che un sottufficiale qualsiasi della Gdf possa avere tutto questo potere? Si chiede la Fusani. Come fa ad avere accesso a «dichiarazione dei redditi, bilanci di società, cessioni di immobili, dichiarazioni Iva» (forse perché ha una legittima password, azzardiamo noi)? Il fosco affresco si estende a coinvolgere Pollari, Pio Pompa, Sircana, Fabrizio Corona, Dino Boffo, Marrazzo. Insomma, pontifica Genchi, «un network di cui sono protagonisti, consapevoli o meno, agenzie fotografiche, siti di gossip e di informazione, settimanali, quotidiani, blog, tutti opportunamente alimentati di notizie e finalizzato al dossieraggio». E le intercettazioni sul Giornale coperte dal segreto ma pubblicate in tempo reale? Le foto di Berlusconi rubate in Sardegna? I verbali di Vallettopoli? Gli avvisi di garanzia che gli indagati scoprono dalla tv? Risultano inchieste per scoprire queste talpe? No comment.
Gli altri maestri dell’inchiesta giornalistica, cioè i colleghi del Fatto quotidiano, non sono da meno. Il direttore Antonio Padellaro senza troppa fantasia se la prende con il Giornale, liquidato come «un quotidiano posseduto dalla famiglia Berlusconi specializzato nella pubblicazione di inchieste e dossier riguardanti le abitudini sessuali, le questioni immobiliari e le vicende giudiziarie di politici, magistrati, industriali e giornalisti ritenuti (neanche a dirlo) oppositori del premier Berlusconi». Come se il Fatto non fosse un organo specializzato nella divulgazione di inchieste, dossier e atti giudiziari secretati riguardanti le abitudini sessuali, il patrimonio e i casi giudiziari di un unico soggetto, Silvio Berlusconi. Padellaro loda «la straordinaria puntata di Report», naturalmente tacendo le precisazioni di avvocati e finanzieri che hanno tolto ogni mistero. E se la prende con le «nomine Aci del ministro Brambilla», ovviamente seppellendo nel silenzio il lungo elenco di portavoce, portaborse, mogli e affini portati in Parlamento, in Rai e in ogni ente pubblico dai capi del Pd.
Repubblica, che l’anno scorso tirò avanti per settimane con le fughe di notizie sul caso D’Addario (tra l’altro «agevolate» da un colonnello della Gdf), si lamenta che Panorama abbia «radiografato redditi, patrimoni, attività e 740»: dati disponibili in municipi e Camere di commercio.

«Può capitare, forse è solo una sfortunata casualità, che gli obbiettivi dei documentatissimi pezzi siano ascrivibili alla lista di quelli che non sono proprio amici del presidente del Consiglio e cioè l’editore di Panorama», ironizza Repubblica. Che invece ha come obiettivo unico l’imprenditore che ha osato ostacolare i piani dell’editore De Benedetti. E questo non è un caso.

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